Uniti per la pace ma divisi sul resto. Cgil, Cisl, Uil hanno scelto Assisi per celebrare la pace. Ma l’articolo 18 e il rapporto con il governo hanno diviso e dividono profondamente Cgil da Cisl e Uil. Assisi è stata scelta per il suo valore simbolico per ripartire e arrivare alla pace ‘sindacale’. L’opzione di Assisi è scattata anche perchè il tema della pace ha coinvolto in modo unitario i sindacati. E il tema dell’iniziativa “Ricostruiamo la pace” si pone l’obiettivo di sensibilizzare i lavoratori sulla opportunità di creare rapidamente le condizioni per un immediato intervento umanitario in Iraq con il coinvolgimento di Onu e Ue. La manifestazione – con la partecipazione di circa settemila persone nel rispetto del fragile equilibrio della città medievale e per la forte presenza turistica – si è conclusa alla Rocca Maggiore, luogo laico per eccellenza e terminale delle marce della pace Perugia-Assisi. Da lì si è levato l’appello per il rispetto dei diritti per i lavoratori.
Guglielmo Epifani, segretario nazionale della Cgil, mette al centro dell’attenzione proprio il tema della tutela dei diritti: “Si parla sempre di flessibilità e competitività ma c’è un limite oltre il quale non si può andare. Non si può negare l’identità a chi lavora: è una sfida culturale”. Insomma c’è il rischio di privare di tutela il lavoratore che messo sul mercato del lavoro non appare sufficientemente formato e capace di rientrare nel circuito produttivo. In questo Primo maggio dove la politica e la polemica la fanno da protagonisti, non va oscurata una tematica che riappare solo dopo qualche tragedia: gli incidenti sul lavoro. L’Umbria ha avuto in passato qualche triste primato in fatto di incidenti mortali nel settore edile. Nonostante tanti sforzi (annunciati, sottoscritti ma spesso rimasti di carta), molto resta ancora da fare. E’ vero che, purtroppo, la situazione è generale. Basti ricordare che recentemente la Corte di giustizia dell’Ue ha condannato l’Italia per l’incompleto recepimento della direttiva europea su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. E il presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere la legge di semplificazione 2001 per mancata quantificazione e copertura degli oneri finanziari. In questo testo – tra l’altro – è contenuta la delega al governo per riscrivere le norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Da Assisi – passando anche sopra l’uso strumentale della sua immagine come città del dialogo ‘a tutti i costi’ – potrebbe partire un forte e più generale impegno per limitare l’incidenza delle morti bianche nel mondo ipertecnologizzato ma ancora carente in fatto di sicurezza.
I cento anni della Camera del Lavoro
Foligno ha festeggiato i cento anni della fondazione della Camera del Lavoro. Con un filmato sui cento anni della storia della Cgil. Con il racconto di battaglie sindacali attraverso il ricordo di personaggi e storici. Ma la storia di un sindacato viene rappresentata in modo adeguato anche attraverso la vicenda di un segretario della Camera del lavoro, Francesco Innamorati, segretario della Camera del Lavoro nel 1917, arrestato dai fascisti nel 1921, con una trentina di attivisti impegnati nella vita politica e sociale della città. Erano accusati, ingiustamente, di aver fatto esplodere due bombe contro un picchetto di artiglieri in servizio presso l’ufficio postale: l’attentato provocò il ferimento di tredici soldati. Poi gli squadristi incendiarono la sede della Camera del Lavoro. E in quell’anno l’organismo tentò di rappresentare l’opposizione, composta da repubblicani, comunisti, socialisti e anarchici. Il segretario nazionale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha sottolineato che “non conoscevo la vicenda di Innamorati. Ma la sua vita costituisce un esempio del modo in cui la storia nazionale di un sindacato passi attraverso l’impegno e l’opera di sindacalisti locali come Innamorati”. In una pubblicazione che ripercorre le origini della Camera del Lavoro folignate si ricorda però il lento processo di industrializzazione del territorio rispetto ad altre realtà italiane. Le poche industrie esistenti avevano dimensioni limitate, legate in gran parte alle attività agricole, senza molti capitali e con un basso numero di addetti. Questo portò ad una sorta di ritardo nell’affermazione del movimento dei lavoratori se paragonato al resto d’Italia.