Sulla piazza del Paradiso di Baghdad, nel momento storico dell’abbattimento della statua di Saddam Hussein, è ricomparsa una bandiera irachena originaria, dove non campeggiava più l’aggiunta, posta dal dittatore, dell’espressione tipica dell’Islam militante “Allah Akbar” (Dio è Grande). Un piccolo fugace segnale, che la religione sta fuori della lotta. La contesa si è conclusa dentro i confini degli interessi mondani dell’economia e del potere politico. Non è stata una guerra di religione né uno scontro di civiltà, nonostante qualche forzatura in questo senso da una parte e dall’altra. Merito di ciò non va attribuito ai vari contendenti in campo, quanto all’assidua e convincente testimonianza della Chiesa rappresentata da Giovanni Paolo II e dalla grande comunità cristiana sparsa nel mondo con i suoi rappresentanti e la sua larga fascia di fedeli e di uomini di buona volontà che hanno sentito come proprio e pertinente l’impegno di pacificazione indicato dal Pontefice. Quelli che si sono domandati in questo triste e tragico periodo, purtroppo non ancora concluso, che posto aveva Dio e la religione nel conflitto e si sono sbizzarriti a cercare delle risposte piuttosto incerte e vaghe, hanno la risposta, che dovrebbe essere chiara: Dio non ha preso parte al conflitto in nessuna delle parti in gioco e per nessuna delle ragioni in campo. Non è stato neppure a guardare. Egli ha certamente operato. Ha parlato nei cuori di tutti coloro che si sono rivolti a Lui con preghiere e formule diverse, mossi dalla stessa fiducia nella sua presenza consolatrice. Cattolici e cristiani di altre confessioni cristiane, musulmani sunniti e sciiti, e uomini di spiritualità diverse si sono trovati insieme a milioni su tutta la terra nell’unica invocazione di pace e concordia, spinti dalla consapevolezza della necessità di un sostegno dall’Alto e in nome del sangue innocente. Forse in questa occasione si è ricompattato, anche se non in forme ufficiali, il fronte ecumenico e del dialogo interreligioso. Mai come in questa occasione, nella preghiera e nella promozione della pace, sono risuonate all’unisono tante voci religiose che più spesso risultano alquanto dissonanti. E se è vera la prospettiva che la pace tra le religioni è condizione efficace della pace tra gli uomini mi pare che questo incontro di parole, di preghiere e di aspirazioni diffuse possa essere un preludio al cammino che l’umanità deve ancora percorrere per il superamento del concetto e della prassi della guerra.
Un vasto movimento a favore della pace ha accomunato tutti i cristiani
La religione è rimasta fuori dalla contesa per merito del Papa
AUTORE:
Elio Bromuri