La cooperazione come via per un’economia nuova, che metta al centro l’uomo e non la finanza. Questo il messaggio emerso, sabato scorso, dall’incontro di Papa Francesco con 7.000 rappresentanti di Confcooperative. Bergoglio ha guardato alle origini (le cooperative sono “memoria viva di un grande tesoro della Chiesa italiana”), ma soprattutto al futuro, chiedendo di “portare la cooperazione sulle nuove frontiere del cambiamento, fino alle periferie esistenziali”. Con Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ripercorriamo i passaggi salienti emersi dall’incontro.
Come coniugare l’attenzione locale con mercati e sfide globali?
“Bisogna coniugare le nuove istanze, in particolare la globalizzazione, rimanendo fedeli alle motivazioni per cui sono nate le cooperative: valorizzazione del prodotto dei soci, centralità del lavoratore, sostenibilità ambientale, ecc. Una cooperativa agricola, ad esempio, che cinquant’anni fa raccoglieva il prodotto dei soci e lo vendeva sul mercato locale, oggi deve assumere le dimensioni giuste per essere protagonista in un mercato nuovo. Non si può andare a vendere in Giappone o negli Stati Uniti se non si hanno una struttura tecnica adeguata o degli operatori commerciali che parlano le lingue!”.
Ingrandendosi, non si corre il rischio di finire per essere come le altre imprese, ma usufruendo dei vantaggi legati alle cooperative?
“Non possiamo chiedere alle cooperative di crescere ‘solo fino a un certo punto’. L’importante non è l’elemento dimensionale, ma rispettare sempre i valori della cooperazione, la partecipazione e la vita democratica. Le cooperative devono avere la giusta dimensione in relazione al loro scopo: a una cooperativa sociale che lavora in un territorio non è chiesto di crescere, ma di essere puntuale rispetto ai bisogni di quel territorio. Una cooperativa agricola che ha bisogno di vendere i propri prodotti, invece, deve crescere per essere protagonista sui mercati”.
Molto forte è stato il monito del Papa a “combattere le false cooperative”.
“C’è un mercato fortemente inquinato da speculatori ed espressioni della malavita, che costituiscono cooperative perché sono uno strumento giuridico che meglio risponde ai loro scopi. Nascono e chiudono senza pagare stipendi, contributi, senza avere controlli. Sono una patologia grave, che fa un doppio danno alle coop oneste e sane: porta via il lavoro e ‘prostituisce’ il nome della cooperazione”.
È possibile contrastarle?
“Non è facile, perché il più delle volte durano meno di un anno e sono ben organizzate. Tutti dobbiamo combatterle, a partire dalle imprese che le utilizzano, verso le quali si possono prevedere sanzioni o comunque una corresponsabilità. Infatti, quando si appalta un servizio a una cooperativa, se questa ha prezzi eccessivamente bassi, inferiori al costo del lavoro, non può essere una coop sana. E l’impresa non lo può ignorare”.
Il Papa ha richiamato l’uso del denaro “per realizzare opere buone”, invocando una collaborazione tra cooperative bancarie e imprese.
“Non va demonizzato il denaro: le cooperative, anche le più virtuose, hanno bisogno di risorse ben investite, di capitale. Una cooperativa sociale che volesse aprire una casa protetta per gli anziani o un’attività per l’inserimento lavorativo di persone diversamente abili avrebbe bisogno di risorse. I soldi impiegati per attività economiche devono essere valorizzati per ciò che riescono a produrre, e non per speculazioni finanziarie o per l’arricchimento”.
Siamo alla vigilia di una riforma bancaria che si preannuncia epocale, e non esente da rischi. Quale futuro avranno le banche di credito cooperativo?
“L’Europa e Bankitalia chiedono loro di adeguarsi rispetto a certi standard, e questo comporta un inevitabile processo di autoriforma. Un po’ di autonomia sarà trasferita dal territorio al Centro: occorre però che sia ben chiaro l’obiettivo, e che la governance sia di matrice cooperativa, conosca e abbia sempre il senso etico del fare finanza cooperativa”.
Ha ancora senso parlare di coop bianche, rosse e verdi?
“Questa distinzione appartiene al passato. Proprio il Papa ci ha invitato a guardare a quello che ci unisce e non ciò che ci ha diviso. Un tempo c’erano motivazioni ideologiche, ora cadute. Oggi si può avere una visione laica o una cristiana: l’importante è che ci si ritrovi insieme nel sostenere un modello di cooperativa che salvaguardi e metta al centro l’uomo, con le sue esigenze e i suoi bisogni, e tutti i valori propri della cooperazione, realizzando una sorta di contaminazione che ci permetta di vivere portando i nostri valori, senza paura di praticarli”.
La presenza delle cooperative umbre
Tra i 7.000 cooperatori che hanno gremito la sala Nervi in Vaticano c’era una folta delegazione di dirigenti e cooperatori di Confcooperative Umbria, guidati dal presidente Andrea Fora e dal direttore Lorenzo Mariani. All’alba ci si è messi in cammino per raccogliere l’invito di Papa Francesco. Il Papa si soffermato lungamente con i presenti nel percorso di ingresso e di uscita calorosamente salutato dalle strette di mano dei tanti cooperatori presenti. “Nelle tre piccole grandi storie di mutualità, di sacrificio e di riscatto lavorativo che sono state portate ad esempio nel palco al cospetto di Papa Francesco, sono saliti figurativamente i mille talenti della cooperazione che sa mettersi al servizio degli ultimi, della collettività, combattendo la criminalità e non scendendo con essa a compromessi”, ha commentato il presidente Fora, che ha avuto l’onore di consegnare al Santo Padre la pagnotta realizzata dai detenuti impegnati nella cooperazione sociale, “simbolo della fatica, la gioia, le sofferenze e i tanti talenti che abitano le nostre cooperative”. “Papa Francesco – ha aggiunto Fora – ha riservato un pensiero e una preghiera per tutti i cooperatori sociali e le persone svantaggiate che ogni giorno provano a darsi un’altra possibilità e a incamminarsi verso una nuova vita”.