La guerra deve diventare tabù

A colloquio con Alex Zanotelli che ha parlato alla sala dei Notari

Dieci anni nelle ‘favelas’ di Naiorobi cambiano la vita, cambiano, per sempre, la prospettiva con cui si guarda ai grandi temi della pace, della giustizia, della carità. Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, lo dichiara apertamente quando parla agli studenti lunedì pomeriggio (vedi articolo nelle pagine di Perugia) e la sera all’incontro pubblico promosso dalla Tavola della Pace a Perugia. “Sono di parte, non sono neutrale” dice mentre spiega che nel mondo non si sta combattendo solo guerre con le armi ma anche, e sono terribili perchè provocano milioni di morti senza far troppo rumore, guerre con le armi dell’economia. La guerra dei paesi ricchi contro i paesi poveri. Cita dati, studi di istituzioni internazionali insospettabili, come la Banca mondiale, fa esempi. L’ultimo: la decisione delle aziende farmaceutiche di vietare la produzione dei farmaci per la cura dell’Aids, nei paesi africani, a costi più bassi. “25 milioni di africani moriranno nei prossimi cinque anni per Aids. Ditemi se questa non è guerra” chiede padre Alex. E denuncia la follia di una economia, quella dell’occidente, basata sulle armi (dalle convenzionali agli scudi spaziali) al punto da doversi inventare un nemico per giustificare la sua esistenza. Ed il rischio, commenta Zanotelli, “è che dopo la caduta del Muro si individui nell’Islam il nuovo nemico. Il Papa l’ha capito molto bene e ha fatto di tutto per evitarlo”. L’analisi pungente mette insieme argomenti già conosciuti per farne un quadro coerente, di chi non rinuncia a “pensare”. Così scopri, sotto la povertà del vestire (una casacca cucita dalle bambine della scuola dei missionari e sandali ai piedi con il vento fuori che porta la neve) che nello zaino, grande, pesante, si porta tanti libri in italiano o inglese. E il suo breviario. Padre Alex Zanotelli ha studiato otto anni negli Stati Uniti, teologia e master in filosofia. Non fa’ l’intellettuale, la sua vita ha scelto di condividerla tra i più poveri del mondo. Ma allora viene spontanea la domanda: si può fare oggi la carità senza fare cultura?”Prima di tutto oggi forse la ‘carità’ dovrebbe essere qualcosa da non usare come parola, – risponde padre Alex – perché purtroppo la tentazione che abbiamo è di risolvere i problemi ‘facendo la carità’ mentre oggi appare chiarissimo che o arriviamo a un minimo di giustizia in questo mondo o non c’è futuro. Significa garantire quelle cose essenziali che tanta gente non ha. Ho detto prima: è mai concepibile che per una vacca giapponese si spendano sette dollari al giorno mentre oltre un miliardo di persone sono costrette a vivere con meno di un dollaro al giorno? Sono queste le cose assurde di questo mondo per cui ci vuole un minimo di giustizia. Dobbiamo tornare, anzitutto, ad assumerci le decisioni politiche. Ormai sono i potentati economici che decidono”. Quindi occorre tornare alla politica che deve fare le scelte di valore?”Esatto, occorre che l’economia torni ad essere subordinata alla politica, che dovrà far sì che nella ‘polis’, che oggi è il mondo, ci sia una più equa spartizione dei beni”. Questa sera lei ha detto che stiamo vivendo un ‘salto di qualità’ con questi cento milioni di persone che in tutto il mondo sono scese in piazza per chiedere la pace.” Per la prima volta il tarlo del dubbio è entrato nella gente comune. Comincia a percepire che la guerra non è fatta per chissà quali nobili motivi. oggi, per la prima volta, nonostante tutta la propaganda martellante sull’importanza di questa guerra, la gente comune comincia a capire che questa guerra è una balla, fatta per altre ragioni e non, come dice Bush, per lottare contro il terrorismo. Questo è un salto culturale”. Lei ha detto non sono comunista, non ho nulla da spartire con il comunismo. La forza con cui lei denuncia le ingiustizie la cultura di sinistra l’ha persa.”La cultura di sinistra in buona parte ha quasi del tutto perso questa idealità dei poveri. Quando entri nel Palazzo la tentazione di rimanerci è forte. Mentre per il credente c’è l’appello costante ad uscire fuori e a stare con chi soffre. Ecco perché ritengo fondamentale l’esperienza religiosa. Dà all’impegno sociale una motivazione molto più profonda di quella che ti può dare una ideologia o una scelta politica. Per me questa dimensione dei poveri è essenziale sia alle scritture ebraiche sia alle scritture cristiane.In ambedue Dio appare come il Dio degli schiavi, dei poveri, della vedova, dell’orfano. Ascolta il loro grido e rimette in discussione ogni sistema che produce quelle situazioni”. C’è il rischio dello sconforto tra chi è sceso in piazza o ha pregato per la pace, perché la guerra è andata avanti.”Parlando di pace non si può pensare di vincere sull’immediato. Bisogna anzitutto costruire una cultura di pace. Anche tra molta gente che ha camminato non so quanta cultura di pace avesse dentro. Io sono convinto che la violenza viene dal di dentro, non nasce dalla società. Nasce in ognuno di noi e poi diventa familiare, sociale. E’ una mentalità nuova che ci viene richiesta, non nasce in poco tempo”. Lei ha detto che dobbiamo far diventare la guerra un tabù”Sono veramente convinto di questo e sono convinto che l’uomo ce la può fare. E’ un salto epocale dove la Chiesa ha un ruolo enorme perché tocca le coscienze delle persone. Soprattutto dopo lo scoppio dell’atomica su Hiroshima dobbiamo radicalmente rifiutare la logica di guerra e di violenza”.

AUTORE: MariaRita Valli