La Commissione Ceu per l’educazione (Cresu), presieduta da mons. Domenico Sorrentino e coordinata dalla prof.ssa Annarita Caponera, anche quest’anno ha proposto una trilogia di incontri di formazione e approfondimento per interrogare propositivamente il mondo della scuola e dell’educazione. Il tema scelto è legato al prossimo Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, “In Cristo il nuovo umanesimo”. Il 27 febbraio a Santa Maria degli Angeli ha aperto gli incontri il prof. Paolo Benanti, docente presso la pontificia università Gregoriana e presso gli Istituti teologici di Assisi e di Anagni, con una riflessione sulla Digital Age. Che cosa si intende con “Era digitale” e chi è l’uomo che la vive? Di fronte alle sfide e ai problemi del nostro tempo, è importante coltivare l’arte del domandare: “Non serve – ha detto Benanti – chiedersi se si voglia o no accettare l’Era digitale, dato che già abitiamo in essa. Ciò che si rivela decisivo è invece uno sguardo ampio, in grado di cogliere i presupposti di un tempo tanto complesso”. Il percorso proposto da Benanti parte dunque dall’Era digitale così come la viviamo, ancora prima di ogni interpretazione.
Un primo strumento interessante è rappresentato dalle rappresentazioni pubblicitarie del mondo digitale. Il mondo della pubblicità ci mostra una tecnologia che consente un accesso sempre più ampio alla realtà; ma come il mondo digitale realizza questa promessa, che tocca una corda profonda del cuore umano? Il secondo strumento interessante sul piano fenomenico è dato dal linguaggio: veloce, immediato (nel senso che non permette al soggetto una mediazione personale e riflessiva), capace di stimolare il cervello a un pensiero che si muove su più livelli contemporaneamente, con tempi di attenzione sempre più brevi. Come potrà passare dalla quantità di informazioni all’interpretazione e alla comprensione del reale, un soggetto che non ha tempo di rielaborare ciò che sperimenta?
Un terzo spunto viene dalla ratio che governa l’accesso ai social network: in Rete circolano velocemente emozioni e desideri che spesso si discostano per opposizione alla realtà; come potrà contribuire alla maturazione umana una tale ratio emotiva che si dissocia rispetto al reale? Un’ultima traccia interrogativa viene dall’identità che resta dopo il passaggio di ogni utente sulla Rete: una serie quantizzata di dati e preferenze. Ma l’uomo può essere ridotto ai suoi gusti e alle sue preferenze – i “tatuaggi digitali” – e restarvi rinchiuso come in un circolo vizioso? Per rispondere a queste domande occorre concentrare l’attenzione sul linguaggio: cosa intendiamo veramente, quando parliamo di Era digitale? Il termine deriva dall’inglese digit, ovvero cifra, numero, dato.
Digitale, dunque, è l’Era in cui la realtà è ridotta a numero, a dati scambiati in enormi quantità, a velocità altissime, in tutto il mondo e in tempi brevissimi. Da questo orizzonte può sorgere ora la domanda antropologica: chi è l’uomo che vive in questo mondo digitalizzato? Le caratteristiche esistenziali dell’uomo che abita questa realtà trascritta in dati possono essere individuate in due direzioni: la capacità di accedere ai dati in modo solo implicito, senza giungere a qualcosa di esplicitamente conosciuto; e un uso emozionale delle strumentazioni digitali. Come si può “e-ducare” (e-ducere, trarre fuori) questo Adamo digitale, portandolo fuori dalla sua “tenda” per mostrargli il cielo stellato nel quale è scritto lo scopo del suo cammino? L’intervento educativo che si profila richiede capacità dinamiche e di discernimento. “Senza restare fermi e in disparte – ha concluso Benanti – in attesa del disastro, occorre portare Cristo nel cuore di un’epoca che rischia di concentrarsi troppo sulle singole informazioni che possiede, ma senza una consapevolezza della totalità del cammino, con il rischio di pericolose derive”.