“Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme”, nota l’evangelista Giovanni. Anche per noi si sta avvicinando la Pasqua e la liturgia di questa terza domenica di Quaresima si apre con la presentazione delle “dieci parole” (i Dieci comandamenti) del Primo Testamento. Furono le prime che ascoltarono gli israeliti e in certo modo costituirono il fondamento della loro fede. Anche noi le abbiamo ascoltate sin dalla nostra infanzia, e fanno parte del “primo” bagaglio religioso. I Dieci comandamenti, a guardarli con attenzione, non sono però semplicemente una serie di alte e universali norme morali. Sono molto di più: in essi si esprime il contenuto fondamentale da cui derivano tutta la legge e i profeti, ossia l’amore per il Signore e l’amore per i prossimo.
Le prime “parole” delineano il rapporto del popolo con il suo Dio: un rapporto d’amore esclusivo. Quando il Signore ordina: “Non avrai altri dei di fronte a me”, non propone una fredda definizione filosofica sul monoteismo, bensì una richiesta di amore totale. Del resto, altrettanto esclusivo è l’amore che Egli nutre per il suo popolo un ardore che lo porterà sino alla follia della morte per noi. La proibizione di avere immagini risponde non solo alla pericolosità di fabbricarsi un idolo come Dio, bensì alla esclusività che Dio pretende dal suo popolo.E ancora. Solo davanti a Dio i credenti debbono prostrarsi per adorarlo (è la risposta che Gesù darà al diavolo che lo tentava nel deserto). Non è difficile infatti fabbricarsi idoli cui sacrificare la propria vita. Solo il Signore è degno della lode. Il sabato – continua il testo biblico – è il giorno del riposo, o meglio, della festa con Dio e con i fratelli. È il giorno eterno: anticipa il paradiso, il momento della gioia, del godimento e della contemplazione.
Segue quindi la seconda parte del Decalogo ove si elencano sette comandamenti che delineano il corretto modo di vivere i rapporti tra gli uomini. Anche qui non si tratta unicamente di norme morali, bensì di indicazioni tese a preservare l’immagine di Dio inscritta nel cuore degli uomini. Sono sette parole che descrivono i limiti estremi da non valicare. Perciò, questi “comandi” prima di essere una legge esprimono una esigenza d’amore, di un amore non parziale o fiacco, come può essere il nostro, ma esclusivo ed esigente, davvero geloso, com’è quello di Dio. “Io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso”, dice lo stesso Signore. Si potrebbe interpretare anche la scena della cacciata dei venditori dal tempio come una manifestazione di gelosia da parte di Gesù. Del resto non dice il profeta: “Lo zelo della tua casa mi divora” sino alla gelosia? Gesù, appena vide il tempio invaso da venditori, nota l’evangelista Marco, fece una cordicella e cominciò a sferzarli e a rovesciare i loro banchetti.
È un Gesù particolarmente duro e risoluto; non può tollerare che la casa del Padre sia inquinata, anche se si tratta di piccoli e, in certo modo, indispensabili commerci. Gesù sa bene che in un tempio ove si accolgono questi piccoli commerci si arriva a vendere e a comprare anche la vita di un uomo per soli trenta denari. Ma qual è il mercato che scandalizza Gesù? Qual è la compravendita che Gesù non può sopportare? Senza dubbio la lettera di questa pagina evangelica interpella il nostro modo di gestire gli edifici di culto e quanto vi è annesso: se siano cioè davvero luoghi per la preghiera e di incontro con Dio o non piuttosto luoghi sciatti e pieni di confusione. Così pure chiede a chi ha responsabilità pastorali di porre grande attenzione a se stessi e alle proprie comunità perché non siano palestre per il proprio egocentrismo e tornaconto o per quant’altro che non riguardi lo “zelo per la casa del Signore”.
Ma c’è un altro mercato sul quale è importante porre la nostra attenzione: è quello che si svolge dentro i cuori. Ed è un mercato che scandalizza ancor più il Signore Gesù perché il cuore è il vero tempio che Dio vuole abitare. Tale mercato riguarda il modo di concepire e di condurre la vita. Quante volte la vita viene ridotta ad una lunga ed avara compravendita, senza più la gratuità dell’amore! Quante volte dobbiamo constatare, a partire da noi stessi, il rarefarsi della gratuità, della generosità, della benevolenza, della misericordia, del perdono, della grazia! Gesù entra ancora una volta nella nostra vita, come entrò nel tempio,manda all’aria le bancarelle dei nostri interessi meschini e riafferma il primato assoluto di Dio.
È lo zelo che Gesù ha per ognuno di noi, per il nostro cuore, per la nostra vita perché si apra ad accogliere Dio. Per questo ogni domenica il vangelo diviene come la sferza che Gesù usa per cambiare il cuore e la vita. Anzi, ogni volta che quel piccolo libro viene aperto scaccia dai cuori di coloro che lo ascoltano l’attaccamento a se stessi e rovescia la tenacia nel perseguire in qualsiasi modo i propri affari. Il vangelo è la “spada a doppio taglio”, di cui parla l’apostolo Paolo, che penetra sin nelle midolla per separarci dal male. Purtroppo capita non di rado di metterci dalla parte di quei “giudei” i quali, al vedere un “laico”, qual era Gesù, nel territorio sacro del tempio, si scandalizzano e chiedono ragione di tale brusco e “irriverente” intervento. “Quale segno ci mostri per fare queste cose?” chiedono a Gesù.
È la sorda opposizione che ancora facciamo di fronte all’invadenza del vangelo nella nostra vita. Il male e il peccato, l’orgoglio e l’egoismo, cercano tutti i modi per ostacolare l’invadenza dell’amore nella vita del mondo. Eppure è proprio nell’accogliere l’amore del Signore che noi troviamo la salvezza. È più che mai necessario lasciarci sferzare dal Vangelo per essere liberati dalla legge del mercato, ed entrare così nel tempio dell’amore che è Gesù stesso.