Anche se sono ormai trascorsi 70 anni dalla Shoah, durante la quale morirono e furono perseguitati milioni di ebrei, sono ancora tante le storie inedite, risalenti a quel periodo che, talvolta, emergono. Una di queste è quella presentata al Centro ecumenico San Martino il 26 gennaio, su iniziativa del Centro ecumenico stesso e dell’Associazione Italia Israele di Perugia.
“Le storie – sottolinea il responsabile del Centro, mons. Elio Bromuri – vanno rivissute per metterne in luce i lati migliori. Dobbiamo, pertanto, raccogliere questa testimonianza come un’eredità poiché è un ‘sollievo’ in un mare di tristezza”. Protagoniste Maddalena Falchetti e Francesca Montalcini, due signore di 83 e di 77 anni che vissero sulla propria pelle la Shoah e, dopo aver perso i contatti, si sono riviste con grande emozione, dopo 70 anni, accompagnate da figli e nipoti, lunedì al Centro ecumenico nell’incontro volutamente organizzato in occasione della Giornata della Memoria. Gianfranco Cialini dai ricordi di Maddalena, dopo tre anni di ricerche complicate vista la carenza di documenti ed informazioni, ha ricostruito la vicenda della famiglia Montalcini che, di origini ebree, aveva lasciato Roma per sfuggire alle persecuzioni naziste anche se Francesca e i suoi genitori sono cristiani. Erano in Umbria, a San Marco di Montefalco dove avevano una casa quando, nel novembre 1943, il regime impone l’arresto degli ebrei. La famiglia Montalcini cerca un rifugio e grazie a don Francesco Pillai, rettore del Collegio dei Salesiani di Trevi, lo trova a Manciano, un paesino tra i monti di Trevi dove vengono accolti dalla famiglia Falchetti, presso la quale rimasero fino al 16 giugno 1944, quando gli Alleati liberarono Foligno. Le due bambine vengono separate e non avranno più contatti fino al 5 settembre 2012, dopo oltre 68 anni. La storia è stata ricostruita da Gianfranco Cialini partendo dai ricordi di bambina di Maddalena e dopo tre anni di ricerche è riuscito a mettere in contatto le due donne e far sì che si incontrassero di nuovo. Grazie al suo contributo e a quello di Luigi, figlio di Maddalena, le due donne si sono potute riabbracciare. Dalle testimonianze delle due signore emerge la grande saggezza dei genitori di entrambe, che riuscirono a far trascorrere loro un’infanzia serena, nonostante il momento tragico.
“All’epoca – racconta Maddalena – io avevo 11 anni e Francesca 5 anni ed eravamo spensierate. Avvertivamo il senso della guerra, ma i nostri genitori ci proteggevano sempre e il legame che si creò tra me e Francesca fu davvero forte. La nostra – prosegue la signora Falchetti – era una zona frequentata dai partigiani, ma di tutte le persone che ho incontrato, sebbene siano trascorsi tanti anni, ricordo perfettamente nome e cognome e fisionomia solamente dei componenti della famiglia Montalcini”. Ricordi vivi, anche se lontani e frammentati, sono quelli della signora Francesca. “Per fortuna ero troppo piccola ma, anche se solo mediante piccoli flash imprecisi, ricordo la grande serenità e l’affetto con i quali ci accolsero i Falchetti. Siamo fuggiti da Roma di notte e i miei genitori mi dissero che andavamo in vacanza in campagna e per me così è stato”.
Nei sette mesi trascorsi insieme, le due bambine ignorano la realtà delle cose. Ricostruiscono il “mosaico” solo molti anni dopo ricollegando ricordi e frasi raccolte dai genitori che di quel periodo non hanno mai parlato conservando nel segreto della memoria quei giorni di nascondimento e di paura. La piccola Maddalena, infatti, della sua piccola amica Francesca sapeva quello che la gente del paese sapeva e cioè che i Montalcini erano lì perché sfollati in seguito ai bombardamenti di Roma, come tanti altri. “Ho scoperto che erano di origini ebree solo anni dopo quando me lo disse mia madre”.
Dobbiamo ricordare questi avvenimenti – ha detto Cialini – soprattutto quando sono gli stessi protagonisti a parlarcene e prima che si perda del tutto la memoria”. “All’inizio non volevo che si parlasse di questa storia poiché mi dicevo che se mio nonno non ne aveva mai fatto menzione dovevamo rispettare la sua riservatezza” ha detto Carla Emiliani, figlia di Maddalena, docente universitaria. Poi, però, “riflettendo sul valore della memoria, ho convenuto – ha aggiunto – che questa vicenda non poteva cadere nel dimenticatoio, poiché è portatrice di uno straordinario messaggio di solidarietà che noi tutti dobbiamo tramandare alle nuove generazioni”. Testimonianze importanti, spesso celate nella memoria dei protagonisti, ha detto Alberto Krachmalnicoff presidente dell’Associazione Italia Israele di Perugia, evidenziando il fatto che “dall’Umbria non sono partiti ebrei per i campi di sterminio grazie ad una solidarietà diffusa tra la gente, anche tra i fascisti, e all’opera di preti e religiosi che oggi sono ‘Giusti delle Nazioni’”.