Nel vasto campo della vita religiosa, la figura di santa Chiara, la “pianticella” di san Francesco, e di noi, sue figlie e sorelle, che nei secoli fino a oggi continuiamo a vivere in questa terra umbra, si colloca a prima vista come un piccolo frammento. Piccolo frammento del francescanesimo, piccolo frammento nell’avventura cristiana. Un “piccolo frammento” che in Umbria è comunque piuttosto consistente. Capillare, in tutta la regione, la distribuzione dei 25 monasteri di Clarisse, presenti in tutte le otto diocesi del territorio. Su un totale di 47 monasteri di clausura (Benedettine, Agostiniane, Domenicane, ecc.), i monasteri delle Clarisse sono po’ più della metà, con una presenza di circa 339 claustrali.
Santa Chiara non ha mai pensato di essere una donna speciale, grande, gigante; anzi, tutto il cammino della sua vita è stato non un’ascesa ma un paziente “discendere”, il ritorno a una gratitudine originale, la gratitudine del figlio che benedice il Padre: “‘Va’ secura in pace, però che averai bona scorta: però che Quello che te creò, innanti te santificò; e poi che te creò, mise in te lo Spirito santo e sempre te ha guardata come la madre lo suo figliolo lo quale ama’. Et aggiunse: ‘Tu, Signore, sii benedetto, lo quale me hai creata’” (Proc. 3,20). Un frammento; eppure è entusiasmante guardare questo piccolo frammento sbocciato nel povero monastero di San Damiano alla periferia di Assisi. San Damiano dice molto della vita delle Clarisse: è una chiesetta riparata da Francesco, sono mura di clausura, di silenzio e di povertà.
Eppure, appena guardiamo un po’ più in profondità, vediamo non un luogo di solitudine bensì quello di una nuova “reclusione fraterna”, dove a essere riparato è il vero Corpo della Chiesa, il cuore di una donna, di un gruppo di donne: il cuore umano, nelle sue divisioni e separazioni, qui è giunto a una luce mirabile di unità e di pace. Queste mura parlano, in definitiva e nel punto più centrale e intimo, di un volto, di una persona: è Gesù, incarnato, povero, crocifisso, risorto. Parlano di quel Volto che Francesco comprese in un attimo, in uno sguardo, in una parola, e che Chiara e le sorelle ebbero bisogno di guardare “attentamente”, come uno specchio, per tutta la loro vita. E in Lui compresero se stesse e tutto ciò che accadeva nel loro cammino: “Guarda ogni giorno questo specchio, o regina e sposa di Gesù Cristo, e in esso scruta continuamente il tuo volto” (4 L Ag, 15). Nei secoli, in quasi tutte le città dell’Umbria è nato un monastero, o più monasteri, di “sorelle povere di santa Chiara”. Ancora oggi, come le sentinelle che per vedere bene l’orizzonte si pongono distanti dalla città e dal popolo che difendono, viviamo in luoghi di silenzio, qualche volta un po’ fuori delle nostre città. Ma per essere sempre vicine – perché amiamo la nostra gente, e perché anche noi non bastiamo a noi stesse -, abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti, in molti modi. È questa la testimonianza che le sorelle nel processo di canonizzazione rendono su Chiara: “Essendo un’altra volta detto da alcuno alla preditta madonna Chiara che la città de Assisi doveva essere tradita, essa madonna chiamò le sore sue e disse a loro: ‘Molti beni avemo recevuti da questa città, et imperò dovemo pregare Dio che esso la guardi!’” (Proc. 9,3).
I monasteri sono una presenza non immediatamente visibile né rumorosa, come un segno che rimanda a un’altra realtà. Siamo nel mondo, e ne condividiamo tutte le bellezze e tutti i drammi, perché sono i drammi che noi stesse portiamo nel cuore e dobbiamo affrontare. Siamo nel mondo ma apparteniamo a Dio, e siamo un piccolo segno di Lui: anche Lui non grida né si impone con la sua luce e la sua forza, eppure misteriosamente è presente nella vita degli uomini, custodisce nell’amore il loro cammino e il loro destino. In questo Anno della vita consacrata, la nostra preghiera sarà più intensa secondo questa intenzione, senza smettere di pregare per la Chiesa universale e per le Chiese che sono nella nostra amata terra umbra.