Siamo tutti francesi. Ma anche “siamo tutti europei”. Viene da dirlo all’indomani della strage di Parigi, che non solo ha portato un durissimo colpo alla Francia, ma all’insieme dei valori e del mondo culturale che alimenta l’Europa tutta.
Quanto è successo non è solo un attacco di terroristi a quello che hanno identificato come un bersaglio ideologico – un giornale che aveva pubblicato vignette su Maometto – ma uno scontro vero e proprio tra modi di vedere il mondo e l’uomo. Non c’entra l’islam, la cui caricatura fondamentalista fa danno soprattutto ai credenti. Piuttosto ci troviamo di fronte all’esplosione delle radicali contraddizioni della nostra civiltà, alimentata dal mito del più forte, dalla cultura dell’apparire, dal sostanziale disprezzo per la vita dell’uomo, sottomessa a qualsivoglia altro fine, “sacrificabile” senza troppi problemi.
Esattamente l’opposto dei valori sui quali – almeno in teoria – avremmo voluto costruire questa nostra civiltà; sui quali abbiamo cercato di edificare anche una casa comune come l’Europa, sorta dalla necessità – non dimentichiamolo – di condivisione e di tensione verso la pace e la cooperazione. Un’Europa dei popoli e delle nazioni che avesse al centro la dignità incalcolabile, suprema, della persona umana, da preservare di fronte a qualsiasi discriminazione: di sesso, provenienza, religione… Questo anelito ha animato i Padri dell’Europa e schiere di persone che si sono impegnate, all’interno delle nazioni, nel progetto europeo. Questa prospettiva, questa tensione, abita nei Trattati e nei documenti dell’Unione, pur con tutte le difficoltà che si possono incontrare.
L’attacco terrorista a Parigi ricorda invece drammaticamente – se ce ne fosse ancora bisogno – che i valori alla base della convivenza civile, dell’inclusione europea, sono e restano estremamente deboli. Non solo perché qualcuno li calpesta e li annega nel sangue a colpi di kalashnikov, ma anche perché proprio queste azioni ottengono spesso – come si è visto in qualche situazione – di suscitare reazioni uguali e contrarie: vendetta, esclusione, oppressione. Paura.
Questo è il nemico più subdolo, perché “lavora” all’interno di ogni persona e delle società. E per questo diventano importanti, una volta di più, le mille manifestazioni pacifiche di solidarietà con le vittime, di rivendicazione della libertà. Le persone in piazza, le matite alzate, le fiaccole accese indicano una strada. Ricordano il coraggio e la prospettiva del futuro che attinge alle scelte del passato, ma da rinnovare.
Siamo tutti francesi e siamo tutti europei. Siamo anche noi in quella redazione parigina, dove sono morti uomini e donne indifesi ma da dove può uscire nuovamente, più forte, un grido di libertà e di pace, da raccogliere nelle comunità del mondo. Altrimenti non resta che l’assurdo delle esecuzioni, il rumore delle armi metalliche, la furia dell’uomo contro l’uomo, anche il più inerme, a terra, che chiede pietà.
No. Non possiamo e non vogliamo rassegnarci.