Si è svolto sabato 29 novembre presso la Sala del Consiglio comunale di Foligno l’annuale appuntamento cittadino contro la pena di morte, promosso a Foligno come in tutto lo stivale, dalla Comunità di Sant’Egidio e sostenuto da Caritas, Casa dei Popoli, Biblioteca Mandela e Emergency. Ospite della giornata che ha messo in rete più di 2000 città, Wilbert Rideau, il pluripremiato giornalista di prigione che ha brillantemente testimoniato in luogo di SueZann Bosler – malata. Una testimonianza di rara profondità e di riscatto quella di Wilbert, 72enne americano che ha speso più della metà della sua vita in una delle prigioni più dure degli Stati Uniti di cui 12 anni nel braccio della morte. “Leggere mi ha trasformato – ha testimoniato all’uditorio – io che non avevo mai letto un libro, costretto in una cella dalle dimensioni di un bagno ho letto l’equivalente dei libri di una biblioteca. E se leggi non puoi non renderti conto che il male che hai fatto non può essere la definizione di te stesso. Nella lettura ho incontrato uomini che avevano sbagliato ma capaci di redimersi – ha proseguito – È così che ho pensato a cosa potevo fare ed ho guardato alle uniche cose che avevo nella cella: fogli e matita”.
Inizia qui l’avventura investigativa di Wilbert, intervistando e fotografando gli altri condannati grazie ad una guardia carceraria dalla mente particolarmente aperta, scoprendo documentazioni chiave, pubblicando articoli sulla stampa e diventando il primo giornalista di denuncia da dietro le sbarre, guadagnando prestigiosi premi e girando film su commissione come regista-carcerato. “Nessuno dei condannati – documenta smentendo un luogo comune – aveva mai pensato alla pena di morte come deterrente. Colui che vuole commettere un crimine pensa solo alle proprie emozioni, non pensa alle conseguenze. È solo in tv che i criminali pensano a queste cose, io in prigione non li ho mai incontrati. E io venivo dallo Stato più punitivo degli Stati Uniti (la Louisiana ndr). Se questo princìpio fosse vero dovrebbe essere lo Stato più sicuro, invece è solo il più sanguinario”.
Oggi “molte associazioni – ha proseguito – si occupano di lottare per l’abolizione della pena di morte ma nessuna lotta per le condizioni di vita dei condannati” di cui la quasi totalità non riceve mai visite. “Se potete, scrivete a qualcuno di loro”.
Il giudizio che la pena di morte porta con sé – ha commentato il vicesindaco Barbetti – “non può essere di uomini verso altri uomini”. La lotta contro la pena capitale “è un valore che accomuna tutti, credenti e non”. C’è un aspetto – ha poi appuntato – che lo lega a Reyhahne Jabbari, la giovane iraniana eseguita il mese scorso e a cui le associazioni promotrici della giornata hanno voluto dedicare quest’edizione di “Città per la vita, città contro la pena di morte”: il non avere implorato i giudici per la fiducia riposta nella legge. Una legge – ha commentato Antonio Parrilli (Comunità di Sant’Egidio) – che “spesso non protegge”.
Non mancano tuttavia i segnali di speranza – ha appuntato Parrilli – dal movimento per la vita che da Foligno si è esteso ad altre città (Trevi e Campello) alla nuova votazione dell’Assemblea dell’Onu (proprio di qualche giorno fa) per una moratoria più stringente della sua cugina del 2007 e che ha guadagnato anche il voto inaspettato della Russia. Un segno anche – ha puntualizzato la Caritas diocesana nella Conferenza stampa che ha preceduto l’evento – che l’edizione 2014 della giornata folignate contro la pena di morte ”si svolga proprio in quella stessa piazza dove un tempo pendevano i condannati a morte per impiccagione, sotto l’arco che collega Palazzo Trinci con la Cattedrale.