Papa Francesco ha dedicato l’udienza generale di mercoledì (testo integrale su www.vatican.va) alla santità: “Un grande dono del Concilio Vaticano II – ha detto – è stato quello di aver recuperato una visione di Chiesa fondata sulla comunione, e di aver ricompreso anche il principio dell’autorità e della gerarchia in tale prospettiva. Questo ci ha aiutato a capire meglio che tutti i cristiani, in quanto battezzati, hanno uguale dignità davanti al Signore e sono accomunati dalla stessa vocazione, che è quella alla santità (cfr Lumen gentium, 39-42). Ora ci domandiamo: in che cosa consiste questa vocazione universale a essere santi? E come possiamo realizzarla?”.
“Innanzitutto – ha risposto – dobbiamo avere ben presente che la santità non è qualcosa che ci procuriamo noi, che otteniamo noi con le nostre qualità e le nostre capacità. La santità è un dono, è il dono che ci fa il Signore Gesù quando ci prende con sé e ci riveste di se stesso, ci rende come Lui… Si capisce allora che la santità non è una prerogativa soltanto di alcuni: la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano.
Tutto questo ci fa comprendere che, per essere santi, non bisogna per forza essere vescovi, preti o religiosi. No. Tutti siamo chiamati a diventare santi! Tante volte, poi, siamo tentati di pensare che la santità sia riservata soltanto a coloro che hanno la possibilità di staccarsi dalle faccende ordinarie, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera. Ma non è così.
Qualcuno pensa che la santità è chiudere gli occhi e fare la faccia ‘da immaginetta’, tutta così… No! Non è quella la santità. La santità è qualcosa di più grande, di più profondo che ci dà Dio. Anzi, è proprio vivendo con amore e offrendo la propria testimonianza cristiana nelle occupazioni di ogni giorno che siamo chiamati a diventare santi. Ciascuno nelle condizioni e nello stato di vita in cui si trova. Sei consacrato, sei consacrata? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione e il tuo ministero. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un battezzato non sposato? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro e offrendo del tempo al servizio dei fratelli”.
A braccio ha aggiunto: “Ma padre [diceva]: ‘Io lavoro in una fabbrica, lavoro da ragioniere, sempre con i numeri, lì non si può essere santo’. Sì, si può! Lì dove tu lavori, tu puoi diventare santo. Dio ti dà la grazia di diventare santo. Dio si comunica a te. Sempre, in ogni posto, si può diventare santo, cioè aprirsi a questa grazia che ci lavora dentro e ci porta alla santità. Sei genitore o nonno? Sii santo insegnando con passione ai figli o ai nipoti a conoscere e a seguire Gesù.
E ci vuole tanta pazienza per questo, per essere un buon genitore, un buon nonno, una buona madre, una buona nonna. Ci vuole tanta pazienza, e in questa pazienza viene la santità: esercitando la pazienza. Sei catechista, educatore o volontario? Sii santo diventando segno visibile dell’amore di Dio e della Sua presenza accanto a noi.
Ecco, ogni stato di vita porta alla santità, sempre! A casa tua, sulla strada, nel lavoro, in chiesa, in quel momento e con lo stato di vita che tu hai, è aperta la strada verso la santità. Non scoraggiatevi di andare su questa strada. È Dio che ti dà la grazia. Questa è l’unica cosa che chiede il Signore: che noi siamo in comunione con Lui e al servizio dei fratelli”.
“A questo punto – ha proseguito – ciascuno di noi può fare un po’ di esame di coscienza… Come abbiamo risposto finora alla chiamata del Signore alla santità? Ho voglia di diventare un po’ migliore, di essere più cristiano, più cristiana? Questa è la strada della santità. Quando il Signore ci invita a diventare santi, non ci chiama a qualcosa di pesante, di triste. Tutt’altro! È l’invito a condividere la Sua gioia, a vivere e a offrire con gioia ogni momento della nostra vita, facendolo diventare allo stesso tempo un dono d’amore per le persone che ci stanno accanto”.