“Il Signore sia con te”

Commento alla liturgia dell Domenica a cura di mons. Vincenzo Paglia vescovo di Terni -Narni -Amelia IV Domenica di Avvento - anno B

“Il Signore è con te”. Questo saluto dell’angelo a Maria fa parte di quelle parole evangeliche che sentiamo più familiari. Le pronunciamo sin da bambini e ci accompagnano lungo il corso delle giornate e della stessa vita: ogni volta che recitiamo l’Ave Maria esse salgono teneramente sulle nostre labbra. E in questo anno, dedicato dal Papa al santo rosario, ci accompagneranno in modo del tutto particolare.

È bene porvi attenzione. Forse, infatti, proprio a causa di una consuetudine irriflessa, non pensiamo al turbamento che esse provocarono nella giovane ragazza di Nazareth. L’alto senso di Dio e la bassa considerazione di sé che Maria aveva e che rendevano alte e terribili quelle parole, non fanno parte del nostro bagaglio spirituale, tanto spesso esattamente rovesciato. Maria non si turbò al vedere il volto dell’angelo, bensì al sentire le sue parole.

È sufficiente, infatti, porvi un poco di attenzione per rimanere senza fiato: essere la dimora di Dio! Eppure la Chiesa sente così decisivo questo saluto da averlo introdotto nella messa; più volte durante la celebrazione il sacerdote si rivolge ai fedeli presenti salutandoli con le stesse parole dell’angelo anche se rivolte al plurale: “Il Signore sia con voi”. E sa bene, la Chiesa, di non pronunciare parole vuote, esse esprimono quella realtà profonda di cui ha parlato Gesù: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18, 20).

La Liturgia di questa domenica, proprio nell’imminenza del Natale, ci ripropone il brano evangelico dell’Annunciazione. Quel giorno, in un cocente contrasto, sentiremo ancora l’evangelista notare amaramente: “non c’era posto per loro nell’albergo”. E Gesù dovette nascere in una grotta. Viene spontaneo chiedersi: ma Dio non aveva una casa sulla terra? Non aveva un luogo ove dimorare? Il Vangelo ci dice che Dio sceglie il cuore di una ragazza di uno sperduto villaggio della Galilea come casa per il suo Figlio. A leggere bene le Sante Scritture, tuttavia, ci accorgiamo che da sempre Dio ha preferito come sua dimora il cuore degli uomini piuttosto che un tempio di pietra. Il saluto dell’angelo a Maria esprime quindi una realtà già vissuta dal popolo d’Israele in tutta la sua storia, ne è anzi il filo rosso che la traversa e la sorregge. L’angelo del Signore può dire ad Israele: il Signore è con te.

Dio è con Abramo, è con Isacco, è con Giacobbe, accompagna Giuseppe in tutta le sue vicissitudini, appare a Mosé nel roveto ardente e si presenta, appunto, come “Colui che è”, non in una definizione astratta e metafisica, ma storica, vorrei dire, di compagnia fedele. Egli è il Dio che ha udito il grido di dolore del suo popolo schiavo in Egitto e ha deciso di scendere per liberarlo: lo condurrà illeso attraverso il mar Rosso e lo accompagnerà negli anni del deserto introducendolo poi nella terra promessa e sostenendolo per tutti i giorni.

Il Signore è con il suo popolo, per sempre. Il secondo libro di Samuele esprime quasi plasticamente questo stile del Signore. Si narra di Davide, giovane re, che dopo aver costruito la sua “casa di cedro” e la città capitale dello stato, Gerusalemme, desidera ora dotarla di un grande tempio, quasi per avere anche Dio come cittadino. Il profeta Natan, che ha acconsentito al desiderio del re, nella notte si sente bocciare da Dio stesso la proposta dell’erezione di un santuario. Deve quindi tornare nella reggia e dire a Davide che Dio, piuttosto, avrebbe edificato Lui una casa per Davide e per il Suo popolo.

E ricorda al re che Dio è stato accanto a lui fin dalla sua giovinezza quando pascolava le greggi, che lo ha accompagnato sino a quel giorno e che starà con lui anche per il futuro, difendendolo dai nemici e facendolo grande e potente. E sarà Dio quindi a trovare un luogo ove far abitare il suo popolo. Insomma, il Signore è il tetto di protezione per Davide. Perciò, non è il re a costruire una casa a Dio, ma il contrario: è Dio che edifica una casa per Davide e per il Suo popolo.

Questa casa è Maria. Al tempio di pietre che Davide costruì con splendore tanto da far esclamare al salmista “ai tuoi servi sono care le pietre di Sion”, Dio sostituisce un tempio di carne, il corpo di una giovane ragazza che sin dall’eternità Egli si stava “progettando” e “costruendo”. In quel lontano giorno dell’annunciazione si compiva la costruzione della vera casa. Tutto era pronto. E “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14). L’evangelista, per sottolineare il legame con quanto è avvenuto nel Vecchio Testamento, pone Gesù direttamente nella discendenza di Davide: “Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre”. Maria, nel suo fragile corpo, riassume tutta l’attesa del popolo d’Israele, e al tempo stesso diviene la prima di tutti coloro che da quel giorno attendono la salvezza.

Quel “sì” pronunciato davanti all’angelo ha cambiato il corso della storia. Sembra incredibile, eppure è questo il modo che Dio ha scelto di abitare tra gli uomini. Maria per prima ascolta la Parola e per prima offre se stessa la sua vita, il suo corpo, al Signore. È lei il primo spazio di Dio, la prima casa di Dio, il primo luogo scelto dal Signore. Quanto è diversa Betlemme, città che non sa accogliere! A Maria l’angelo può dire: il Signore è con te. Non altrettanto si può affermare per Betlemme. Dio ha scelto Maria, e da sempre. Ma aveva bisogno del suo consenso; e il “sì” non era scontato. In quella casetta di Nazareth non si è recitato un copione già scritto.

E l’evangelista lo suggerisce: c’è stato turbamento, ci sono state obiezioni, richieste, dialogo. Solo alla fine Maria ha dato l’assenso. E si trattò di una decisione che le sconvolgeva totalmente la vita. Dio non viene per compiere i nostri progetti; spesso viene per interromperli. La grandezza di Maria non sta pertanto nella “realizzazione di se stessa”, come in genere noi desideriamo per noi, bensì nel porre tutta la sua fiducia nelle parole dell’angelo. A ragione Elisabetta, non appena la vede varcare la soglia di casa, può esclamare: “Beata colei che ha creduto all’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45). La vera realizzazione di ognuno di noi sta tutta nell’obbedienza alle Parole del Vangelo. È stato questo il segreto della beatitudine di Maria. Lo stesso può essere per noi.