L’attività accademica dell’Istituto teologico di Assisi è stata inaugurata il 6 ottobre dalla lectio tenuta da mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Foligno, già docente stabile di Teologia dogmatica presso il medesimo istituto, intitolata: “Linee emergenti dell’azione pastorale di Papa Francesco nel contesto della ‘riforma’ nella Chiesa”.
La prolusione, da un lato, ha richiamato l’attenzione verso alcune novità in atto nelle scelte pastorali della Chiesa contemporanea; dall’altra, ha inteso riflettere in modo calibrato e con ricchi spunti su un tema delicato e di costante interesse come per l’appunto quello della riforma nella Chiesa, prendendo le distanze da eccessi e sensazionalismi.
Pretendere di riassumere in poche battute le numerose idee espresse nella lectio o comunque rielaborare gli spunti in essa proposti è non solo difficile ma probabilmente anche improponibile, sia per la bellezza di quanto detto, sia per rispetto alla cristallina e pacata nettezza con cui i concetti si sono susseguiti l’un l’altro, creando un clima di viva attenzione e partecipazione appassionata. Preferiamo pertanto affidarci a poche suggestioni che, da una parte, desiderano fare tesoro di quanto i numerosi uditori hanno potuto ascoltare diffusamente, mentre dall’altra si intende offrire almeno in sintesi l’idea dell’orientamento generale della relazione.
La proposta del vescovo Sigismondi è stata sapientemente costruita articolando tre aspetti.
Il primo di questi, quello che potremmo dire corrisponde più da vicino alle “linee emergenti” accennate nella prima parte del titolo della conferenza, è stato calibrato riecheggiando, come una litania, l’espressione “serve una Chiesa che…”. Grazie a essa, mons. Sigismondi ha scandito nei suoi caratteri essenziali la prospettiva cara all’attuale Papa, Francesco, di una Chiesa in uscita, in assetto di missione, aperta, misericordiosa, pellegrina, configurata come un ospedale da campo. La ricca spigolatura di frasi ed espressioni citati sia dalle encicliche che dai discorsi papali ha intonato l’accordo di una proposta che vede la Chiesa sottrarsi alla tentazione del comodo e del conservatorismo, per riscoprirsi nella sua identità autentica di comunità invitata ad “esplorare le frontiere”, più che impegnata ossessivamente a crogiolarsi nei suoi “esperimenti di laboratorio”.
La seconda idea si è sviluppata naturalmente dalla prima. Infatti, dopo aver visto l’esigenza di una riforma intima nella Chiesa, mons. Sigismondi ha saputo magistralmente tracciare il confine che distanzia la vera dalla falsa riforma, citando e valorizzando particolarmente quattro linee-guida emergenti dall’opera del grande teologo francese Yves Congar, per il quale la vera riforma rispetta: 1) il primato della carità pastorale, 2) il dovere della comunione, 3) la pazienza dell’attesa, 4) il ritorno al principio di tradizione.
Dopo aver operato il fondamentale discernimento circa il modo autentico di attuare la perenne riforma nella Chiesa, la terza e ultima parte dell’intervento è stata arricchita di vari rimandi al magistero di Paolo VI, come anche ad alcune intuizioni di don Primo Mazzolari e alla recente Evangelii gaudium.
Grazie alla rete di questi riferimenti è stato possibile cogliere nella figura del profeta il vero riformatore. Il profeta che “sente con la Chiesa” è rapito dalla bellezza che intende testimoniare, vive un cammino autentico di santità e non si lascia irretire da tentazioni di comodo né limitare dall’imperativo del consenso, trovando nel nutrimento della Parola di Dio il vero respiro per il suo operare e predicare.
In conclusione, si può dire che l’attuale e viva necessità di cogliere la traiettoria per una riforma nella Chiesa – anziché parlare equivocamente di una riforma della Chiesa – è stata sapientemente profilata trovando solido ancoraggio nelle intuizioni di alcuni teologi del XX secolo, per arrivare infine a focalizzare nella sintesi della figura del profeta impegnato nella ricerca della santità l’identikit meglio confacente per inquadrare correttamente quale sia la direzione nella quale Papa Francesco intravede il giusto orientamento per la vita della Chiesa oggi, della quale egli cerca di farsi generoso e umile interprete.