Riemerge nelle letture odierne il tema della domenica precedente: il rifiuto dell’adesione al regno di Dio. Nella prima lettura, il profeta Isaia contrappone in maniera efficace e poetica l’amore di Dio per il Suo popolo, la Sua iniziativa, la Sua dedizione, all’atteggiamento del popolo eletto, che comporta la sua condanna. Il Vangelo presenta il medesimo atteggiamento di amore e dedizione di Dio verso il suo popolo, e il rifiuto di quest’ultimo. Sono presenti però altri due elementi: l’annuncio del sacrificio del Figlio di Dio e l’accenno che il Regno sarà dato a “un popolo che ne produca frutti”. La seconda lettura mostra un altro aspetto del volto di Dio: la rassicurazione, l’esortazione, la serenità, la pace, quasi come contrappunto, ma anche come integrazione agli altri due brani.
Si dà per assunto che i brani non fanno solo riferimento ai fatti storici ma hanno una valenza sia sul piano personale che come Chiesa. Il rifiuto di aderire alla Parola viene presentato in tutta la drammaticità sia perché contrapposto all’amore di Dio che si manifesta in maniera così dolce e piena, sia perché collega in maniera indissolubile i nostri comportamenti con la Passione di Cristo.
Si propone qualche considerazione. Nei rapporti tra le persone, ogni scelta si inserisce in una concatenazione di eventi sul piano psicologico, relazionale e di accadimenti, per cui ogni scelta ha conseguenze delle quali non sempre è agevole avere consapevolezza, e che a volte hanno sviluppi al di là dei nostri gesti e intenzioni. La coscienza di ciò ci rende più attenti, più prudenti. Questo vale tanto più quanto più le relazioni sono intense e coinvolgenti. Si pensi alla vita familiare: è necessaria una cura assidua per mantenere rapporti soddisfacenti; è difficile a volte tornare indietro dopo un percorso – anche non molto lungo – di incomprensioni, di distrazione, di sottovalutazione, di noncuranza. Esistono elementi di analogia tra il rapporto che si sviluppa tra le persone e il nostro rapporto con Dio.
Questo vale naturalmente per le creature, non per il Padre il cui amore e fedeltà rimangono immutati. Il nostro rapporto lo costruiamo nel tempo; i nostri gesti di fedeltà e infedeltà, la nostra attenzione o distrazione di ogni giorno hanno conseguenze importanti per il futuro della nostra vita cristiana. Anche nella dimensione comunitaria, le azioni di singole persone o di gruppi comportano conseguenze che a volte sono non preventivabili, e che spesso trascendono la rilevanza dei singoli episodi presi isolatamente, determinando conseguenze a volte molto gravi. Si pensi allo scoppio della Prima guerra mondiale, con ripercussioni che andarono ben oltre le intenzioni e gli interessi dei singoli gesti delle persone e perfino degli Stati.
Analogamente, in ambito ecclesiale, ricordiamo la sostanziale scomparsa di Chiese una volta floride come quelle dei primi secoli in Africa e Asia Minore; ciò senza una chiara “causa” che abbia determinato gli eventi. Oggi si va discutendo del “declino” delle Chiese occidentali e dello sviluppo di altre in Asia, Africa, America Latina. Cosa succederà negli anni futuri, non è dato saperlo.
In conclusione, sia su un piano personale che comunitario, le conseguenze delle nostre azioni sono in genere più rilevanti di quanto noi ci aspettiamo e possiamo prevedere o desideriamo. Da un lato, quindi, l’importanza di esercitare la vigilanza e il discernimento; dall’altro, la consapevolezza che il nostro destino – sia umano che cristiano – necessita di Qualcuno che ci sappia guidare per poter sperare di non produrre “acini acerbi”.