La Chiesa perugino-pievese è profondamente sconvolta per la tragica morte di don Franco Bucarini, parroco di Canneto – Capocavallo – Cenerente – Pantano – Prugneto, trovato morto, l’ipotesi è che si tratti di suicidio, in casa. Il cardinale arcivescovo Gualtiero Bassetti con le lacrime agli occhi ne ha dato notizia ai suoi collaboratori e al Consiglio episcopale diocesano convocato in Curia per discutere dei programmi pastorali”. Con queste parole venerdì scorso, 19 settembre, veniva data notizia del tragico evento che ha colpito la comunità diocesana. Sono stati giorni concitati, di sofferenza, di domande, di polemiche sulla stampa.
Quella che in un primo momento era un’ipotesi poi è stata confermata ed è stato appurato anche che il fatto era avvenuto il giorno prima del ritrovamento del corpo. Mercoledì, al funerale celebrato dall’arcivescovo nella parrocchia di Cenerente, c’era davvero tanta gente visibilmente commossa e, al tempo stesso, composta, silenziosa, ancora incredula. La grande tensostruttura parrocchiale di Cenerente non è riuscita a contenere la folla che in una giornata piovosa di inizio autunno ha partecipato insieme a numerosi sacerdoti e religiosi alle esequie di don Franco Bucarini.
Con il Cardinale hanno concelebrato l’ausiliare mons. Paolo Giulietti, il vice parroco di Cenerente don Giovanni Marconi, e il vicario episcopale della Seconda Zona pastorale dell’Archidiocesi mons. Fabio Quaresima. era presente anche una rappresentanza della Congregazione dei Padri Orionini, famiglia religiosa nella quale don Franco si formò spiritualmente ed ebbe la chiamata al sacerdozio. Don Bucarini era un sacerdote buono, generoso, impegnato da sempre in opere missionarie e caritative a favore dei più piccoli e più poveri della terra.
La sorella Rita, nel ricordarlo a quanti l’hanno conosciuto ed apprezzato – ringraziandoli per la vicinanza dimostrata in questo difficilissimo momento alla sua numerosa famiglia (due sorelle e tre fratelli) -, ha detto con voce ferma: “le persone che da don Franco non hanno ricevuto un aiuto si contano sulle dita di una mano”. Ma era anche un uomo fragile, che ha chiesto perdono a Dio, alla Chiesa e alla sua famiglia per il gesto disperato che ha compiuto il 18 settembre, dopo che la sua vicenda era diventata di pubblico dominio. Al riguardo, sempre la sorella Rita, ha “denunciato” quanto è accaduto al fratello.
Don Bucarini era nato a Perugia il 15 febbraio 1941. Fu ordinato presbitero il 1° maggio 1971 come membro della Congregazione religiosa degli Orionini e svolse gran parte del suo ministero sacerdotale in Francia e in Paesi di missione. Nel 2008, dopo sua richiesta, fu incardinato nell’Archidiocesi di Perugia-Città della Pieve; nominato parroco prima di Santa Maria Annunziata in Colombella (2 aprile 2008) e poi delle parrocchie di Canneto – Capocavallo – Cenerente – Pantano – Prugneto (18 luglio 2012). Attualmente ricopriva l’incarico di direttore dell’Ufficio diocesano per le missioni e la cooperazione tra le Chiese.
Don Franco: non abbiamo avuto alcun sentore che…
Don Franco Bucarini, direttore del Centro missionario diocesano (Cmd) di Perugia, è stato soggetto a un ricatto da parte di un giovane che ospitava in canonica; non ha retto alla situazione e si è tolto la vita. Per tanti di noi che lo conoscevano bene, è una grande sofferenza, e c’è anche un senso di impotenza per averlo visto appena sabato scorso – eravamo a Montemorcino in piena programmazione dell’Ottobre missionario – e non avere avuto alcun sentore delle sue difficoltà.
Anche le sue comunità di Cenerente, Canneto, Prugneto e Capocavallo sono attonite e sbigottite. Venerdì sera, alla messa celebrata dal vescovo Giulietti, si percepiva la commozione e quasi la consapevolezza che si fosse abbattuto un tornado su tutti i parrocchiani. Eppure occorre guardare avanti, soprattutto perché l’amore di Dio ci sospinge e ci invita ad impegnarci nel servizio ai fratelli – anche i più lontani – come don Franco ha sempre fatto, senza avere paura, perché non siamo soli e lo Spirito santo che è in tutti noi, ci sostiene sempre.
Di fronte a una realtà di dolore e di morte, ora più che mai, il Signore viene a portare la misericordia e la vita. In questo momento, la forza più grande deve venirci dalla preghiera per la nostra diocesi e i suoi Pastori: siano forti e fedeli all’impegno missionario, possano vivere in comunione sempre più profonda tra loro e i loro parrocchiani come una grande famiglia, per crescere insieme “sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in tutti noi”.
Anna Maria Federico e i membri del Cmd
Don Franco. Un gesto che pone domande. Anche a noi giornalisti
Tra i giornalisti si è aperto un dibattito in seguito alla morte di don Franco Bucarini, suicidatosi giovedì scorso, lo stesso giorno in cui un quotidiano locale aveva sbattuto in piazza la sua vicenda (pur omettendo il nome). Il direttore locale del quotidiano ha difeso il suo operato e quello della sua redazione in nome del diritto di cronaca ed ha negato che vi sia un rapporto diretto tra la notizia data e il gesto di don Franco. Non sappiamo cosa ha spinto don Franco a quel gesto estremo e di certo nessuno poteva prevederlo. In ogni caso quello che non credo si possa accettare è questo eccesso di informazione che non rispetta la dignità delle persone e al quale siamo oramai assuefatti perché così fanno tutti. Anche i giornalisti sbagliano ed è segno di libertà e di responsabilità anche ammettere questa possibilità.
In questa tragica vicenda, un uomo è vittima di un ricatto e fa quello che ogni buon cittadino dovrebbe fare: denuncia il ricattatore. Per fare questo, spiega perché è ricattato. Quest’uomo si fida di chi rappresenta lo Stato. Ma il giorno dopo vede sbattuta la sua vicenda personale sulle locandine dei giornali. Senza nome, ma davvero in un ambiente ristretto come il nostro basta non mettere il nome (tra l’altro, gettando il sospetto su tutta una categoria) se il racconto è ricco di particolari? Quest’uomo era vittima di un reato. Chi ha dato tutti i particolari alla stampa?
Il resto, poi lo ha fatto la macchina dello scoop scandalistico, che trasforma la vittima in colpevole, perché la vittima è un prete e perché oggetto del ricatto sono atti sessuali compiuti con un uomo, adulto e consenziente. E questo sollecita la curiosità pruriginosa dei lettori e fa vendere più copie.
La domanda che continuo a farmi è: quale era l’interesse pubblico da difendere con questa notizia? Forse che quest’uomo rappresentava un pericolo pubblico? Forse che il non aver tenuto fede al celibato lo rendeva un pericoloso maniaco? E dove è la deontologia professionale che impone il rispetto della persone, e per questo chiede sobrietà nel dare le notizie di cronaca? Lo scoop ha trasformato una vittima in colpevole. C’era solo la debolezza di un uomo di Dio che è stata stigmatizzata con un giudizio inappellabile di condanna sociale.
Maria Rita Valli
Don Franco: l’Ordine dei giornalisti faccia chiarezza
E’ per me un imperativo etico e professionale esprimere il mio dissenso rispetto alla Nota congiunta dell’Ordine regionale dei giornalisti e dell’Associazione stampa umbra del 20 settembre scorso in merito alla tragica vicenda del sacerdote perugino suicidatosi a seguito a una fuga di notizie. Mi sarei atteso una presa di posizione più attinente alla gravità della vicenda, che chiama in causa per intero il Codice deontologico della categoria. Invece la suddetta Nota è risultata più una “difesa d’ufficio”, di tipo “politico”, nei confronti delle valutazioni, non certo benevole, della presidente della Giunta regionale Catiuscia Marini.
Del resto, che l’imperativo fosse “reagire” a tale presa di posizione era risultato più che evidente nel corso dell’iniziativa di formazione per i giornalisti umbri tenuta il 20 settembre scorso all’hotel Plaza. Già in quella sede ho avuto modo di esprimere la mia riprovazione su “come” sia stata pubblicata la notizia riguardante il sacerdote. Premesso questo, quanto accaduto non può essere semplicemente archiviato. In particolare, è necessario che si accerti e si sanzioni chi non ha provveduto a tutelare la vittima: il sacerdote che ha denunciato e fatto arrestare il ricattatore aveva avuto l’assicurazione della massima tutela e riservatezza. Ciò è essenziale, se non si vuole rafforzare nei cittadini l’idea che coloro che hanno il coraggio di denunciare i propri estorsori si trovino poi nelle condizioni di diventare doppiamente vittime. Inoltre l’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti dovranno aprire (se non lo hanno ancora fatto) un’indagine interna e verificare fino a che punto le responsabilità professionali siano state esercitate in conformità con il Codice deontologico della categoria.
I media, nel loro insieme, non sono soltanto mezzi di circolazione delle notizie e delle idee, ma anche strumenti al servizio di un mondo più umano, giusto e solidale.
Con il pretesto di “rappresentare la realtà” non si possono legittimare, in nome dell’audience o dello scoop per aumentare la tiratura della testata, comportamenti lesivi della verità tutta intera dei fatti e della dignità delle persone.
Pasquale Caracciolo
dir. resp. Umbria Radio