Da cosa dipende la buona giustizia

Chi mi conosce lo sa già, agli altri lo rivelo adesso: sono un dipendente statale, e lavoro da più di 40 anni nel “servizio giustizia”. Questo potrebbe suscitare qualche sospetto di partigianeria in quanto sto per dire; e doverosamente metto i lettori sull’avviso.

La riforma della giustizia è all’ordine del giorno del Governo e dell’opinione pubblica; tutti si lamentano della sua inefficienza e tutti reclamano provvedimenti. Si è cominciato con il taglio delle ferie: la cosa non mi fa né caldo né freddo perché, come quasi tutti i miei colleghi, ho sempre lavorato anche quando nominalmente ero in ferie.

Mi sta a cuore, invece, un altro aspetto della questione. E cioè che tutti discutono e propongono come se l’andamento del servizio giustizia dipendesse, nel bene e nel male, solo da ciò che fanno, e da come lo fanno, i giudici e i loro collaboratori. Invece dipende anche (e molto di più) da ciò che fanno, e da come lo fanno, gli avvocati. Con la precisazione che i magistrati in Italia sono sì e no 10 mila, mettendo insieme tutte le magistrature di tutti i livelli; gli avvocati sono 250 mila.

Lo schema standard delle cause civili è il seguente: c’è una parte che sa di avere ragione e si batte per avere la decisione; l’altra parte sa di avere torto e si batte perché la decisione arrivi il più tardi possibile o non arrivi mai. L’avvocato del secondo fa tutto ciò che aiuta il suo cliente; e il sistema processuale sembra fatto apposta. La filosofia del sistema è il principio che chi viene attaccato ha il diritto di difendersi in ogni modo; ma a questo punto un avvocato astuto è in grado di tenere sotto scacco la giustizia (e il buon diritto del suo avversario) per anni e anni. E non perché l’avvocato pensi che, più dura il processo, più lui guadagna (come si dice volgarmente e ingiustamente), ma perché pensa che quello sia il suo dovere professionale, la sua etica. Comunque, se non lo facesse lui, ci sarebbero altri venti avvocati pronti a farlo al posto suo.

Questi sono i nodi reali, ma nessuno li affronta perché scontentare i magistrati si può; ma scontentare gli avvocati, non se ne parla nemmeno.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani