RU486 e dintorni

Abbiamo già informato sulla sperimentazione avviata con il consenso del comitato di bioetica a Torino della pillola RU486 per l’interruzione della gravidanza ed abbiamo espresso il parere contrario nostro e dei cattolici in generale. Non ci sarebbe motivo di tornarci sopra se non per sottolineare che la detta sperimentazione viene richiesta anche in Umbria. Un consigliere regionale dello Sdi (credo che la sigla significhi socialisti democratici italiani) Marco Fasolo ha presentato una mozione con la quale “impegna la Giunta regionale ad attivare tutti gli strumenti e le azioni necessarie perché si inizi anche in Umbria la sperimentazione della RU486 stabilendo un protocollo per l’Ivg con questa metodologia”. Ha spiegato poi in una conferenza stampa che si rende necessaria la formazione e l’aggiornamento del personale addetto, superando ignoranza e pregiudizi, In modo da “eliminare l’ostracismo e quell’alone di disinformazione che da anni gravita attorno ad una materia, pur regolamentata da leggi statali”. Dopo un passaggio patetico in cui si riporta un parere piuttosto ipocrita del Parlamento europeo che invita a non usare l’aborto come metodo di pianificazione familiare, l’attenzione, l’interesse, lo slancio polemico e la richiesta di strumenti e di iniziative è in questo caso, ma sempre in ogni caso rivolta a favorire l’aborto e non piuttosto come la stessa legge indicherebbe nella ricerca di mezzi adeguati per favorire la nascita di bambini che, tra l’altro, sarebbero una manna per una regione come l’Umbria, vecchia stanca e spopolata. Ma lo sa Fasolo che siamo una delle regioni a minor tasso di natalità dell’Italia e dell’Europa e quindi del mondo? Si dirà, che sia fatto con il sistema chirurgico o con quello chimico sempre aborto rimane e nella seconda maniera è meno costoso per la sanità e meno rischioso (almeno pare finora, chissà?) per la donna. Non sarà un moralista a cercare le differenze. Semmai la differenza si può trovare nella facilitazione e banalizzazione dell’aborto che possa essere usato come un semplice atto contraccettivo. La riduzione del danno e la facilitazione del processo, in questo come in altri campi, se non sono sostenuti da iniziative collaterali nel sostenere e rendere possibili e concretamente praticabili scelte alternative, non diminuiscono il danno ma lo diffondono e divulgano inconsapevolmente e irresponsabilmente. Questa politica a senso unico, senza il minimo riferimento al nascituro, al bambino posto in vita e avviato nel processo generativo è indice di una cultura immorale che mina alla base le strutture della società e fonda in concreto quel relativismo etico per cui nessun principio conserva validità. Ci sarebbe da attendere dagli amministratori pubblici una maggiore attenzione a come funzionano i consultori, quali possibilità e risorse hanno per aiutare donne e famiglie in crisi, come facilitare gli scambi tra persone, enti e associazioni di famiglie per evitare aborti e salvare vite umane, non lasciando soli quei volontari che si prodigano in questo campo. Fasolo invece non è solo. Tommaso Ciacca e Andrea Maori del centro di iniziativa radicale di Perugia hanno dichiarato di sostenere con forza la sua mozione che va nella direzione di introdurre l’aborto farmacologico in Italia.

AUTORE: Elio Bromuri