Dopo una prima positiva esperienza della scorsa estate, anche quest’anno l’Azione cattolica di Orvieto-Todi è riuscita a realizzare una settimana di Campo adulti, proponendosi di scavare un po’ più a fondo sia nei rapporti umani che nella vocazione ad essere Chiesa. Un’occasione estiva che è un momento di incontro, di rafforzamento dell’amicizia, di relax, di vacanza nel senso pieno, fatta di escursioni, divertimento, e tanti altri buoni gusti.
L’anima profonda di queste giornate è però attraversata anche da una riflessione che vuole aiutare in un percorso di discesa di ciascuno nel proprio interiore, per riaccendere tutti i meccanismi umani, non solo quindi quelli fisici e mentali (camminate e relax) ma anche quelli spirituali, anche quelli del cuore profondo che è dentro ognuno, spesso addormentato.
Ebbene, questa occasione è divenuta un particolare momento di grazia e di profezia. Forse l’eccessiva pioggia che ci ha accompagnato, impedendoci talvolta di volgere lo sguardo sul panorama circostante, ci ha costretto a guardare più a noi stessi e all’esperienza che stavamo condividendo. Le 82 persone presenti non provengono da un’unica diocesi ma ne rappresentano ben cinque (anche se i gruppi più numerosi sono quelli di Orvieto-Todi e Assisi-Nocera-Gualdo). Questo fatto ci ha regalato un sapore di Chiesa diverso, credo più intenso rispetto all’ordinario, un sapore di superamento delle strettoie in cui spesso restiamo impantanati con tutte le nostre comunità.
Giusto accennare al tema scelto, che ha voluto porre due icone: “il volto di Dio, il volto dell’uomo”. Icone entrambe indefinite, sconosciute, o meglio ancora, stereotipate. Non solo ci sfugge il volto di Dio; ci sfugge anche il volto del nostro vicino, del nostro prossimo, e soprattutto ci sfugge perfino il nostro stesso volto.
Per prima cosa si è fatto il punto su quale fosse il contesto della ricerca. Ci si ritrova ancora, dopo un anno di fatiche, di lavoro, in un contesto, che ci circonda e di cui spesso siamo parte, costituito dalla perdita di speranza, potremmo dire di fede (spesso sostituita dal surrogato “fideismo”, roba di tutt’altro genere), perdita di coraggio e spifferi di paura. Abbiamo voluto prendere in esame una famosa canzone assai suonata in questi giorni, il cui ritornello afferma: “Niente dura, niente esiste, niente è vero”. In queste parole sono raccolte le principali tentazioni della nostra anima.
È la canzone degli uomini senza volto, il cui Dio non ha volto, e che di conseguenza non riescono ad avere alcuna identità né direzione. Il Dio senza volto ha un nome e una identità: è lo spietato “Caso”, l’ipotesi – che sempre tenta l’umanità – che non esista un senso, un significato per il nostro cammino, una direzione, non esiste una storia, e soprattutto non esiste la Storia della salvezza.
“Tutto dura, tutto è vero, tutto esiste”. Ci crediamo ancora? Come lo dimostriamo? Sentiamo l’urgenza – che attraversa tutta la storia dell’umanità – di conoscere il volto di Dio? Il volto del Padre (volto che abbiamo esplorato con l’aiuto di tre parole: fedeltà, bellezza, amore, che riverberando la Sua luce) illumina e ci fa scoprire anche il nostro volto e quello del prossimo?
In fondo, siamo poco più che bambini nelle mani di Dio; “adulti” ci chiamiamo, ma stiamo appena all’inizio del nostro veleggiare nel mare aperto. Quando il vento di tempesta soffia forte, volgiamo lo sguardo per incrociare il volto del Padre e trarre da Lui la forza per seguire la rotta.