I cristiani sono nel mondo ma non del mondo. I pericoli della “mondanità” sono in agguato in ogni epoca e costituiscono un grave pericolo per la fede. Dopo la morte di Carlo Magno (814 d. C.), l’Impero si sfalda e si determina una nuova posizione politica con notevoli ripercussioni sia nella proposizione dei valori evangelici sia nelle sue strutture territoriali della Chiesa.
Il feudalesimo come “concetto” coinvolse i vescovi, gli abati, fino al parroco della più sperduta chiesa rurale. A tutte le chiese erano annessi un patrimonio e redditi più o meno ragguardevoli, comprese le offerte dei fedeli e le decime. Se un proprietario faceva costruire una chiesa, questa rimaneva al fondatore, che poteva usarne a suo piacimento. Nel Tuderte vi furono potenti feudatari che esercitarono questi diritti sulle chiese, come gli Arnolfi, i Montmartre e gli Atti. In questo modo la comunità cristiana si frammenta in una miriade di giurisdizioni sovrapposte. In teoria le nomine erano riservate al vescovo, ma la presentazione spettava al dominus che collocava un suo candidato senza tener conto dalla sua idoneità al ministero sacerdotale.
A Roma la famiglia dei conti Toscolo, nel 955, fece eleggere Papa un giovane di 18 anni, che prese il nome di Giovanni XVII: perfino nel Liber pontificalis si legge che trascorse il tempo nella lussuria e nella vanità; alcuni storici locali scrivono che in contemporanea a Todi fu nominato vescovo un fanciullo di 10 anni di nome Gregorio.
Non solamente le chiese costruite nei fondi dei proprietari caddero in questo sistema ma anche le pievi che, con il proliferare delle chiese rurali, persero la funzione di mantenere l’unità del popolo cristiano, ma erano date in cessione perpetua a qualche signore locale.
Nel sec. XI la situazione era giunta a un punto tale da impedire una pur minima fedeltà allo spirito religioso. Lo Spirito che, nonostante i peccati degli uomini, non abbandona la Chiesa, suscitò persone che avviarono una riforma, cominciando da alcuni monasteri e poi dai Pontefici romani, che sfociò nella riforma gregoriana, dal nome del più illustre riformatore, papa Gregorio VII (1073 -1085).
A Todi, sul colle della Rocca, sorse un’abbazia dedicata a San Leucio; se ne ha notizia già dal 1052. Nel 1004 alcune famiglie nobili orvietane, tra cui spiccano i Monaldeschi, di origine longobarda, fecero costruire l’attuale chiesa di San Giovenale. Il conte di Orvieto, Farolfo di Guido, appoggiò la riforma della Chiesa promossa dall’imperatore Ottone III e fece importanti donazioni a san Romualdo nel 995 e nel 1005, inducendolo a fondare abbazie e monasteri intorno alla città.