Concretezza e collaborazione la ricetta per ricostruire

Terremoto cinque anni dopo / Tortoioli: i soldi ci sono e il

Dal 1997 a oggi sono stati spesi, o sono pronti per esserlo, 8mila miliardi che consentono di completare la ricostruzione prioritaria, quella delle abitazioni o edifici inagibili a causa delle scosse. In questa cifra c’è tutto: l’emergenza, la ricostruzione di case, uffici, industrie, monumenti, palazzi storici, chiese, infrastrutture… fino alla collocazione e rimozione dei ‘moduli abitativi’. Tutto distribuito su 72 comuni e concentrato su sei.A cinque anni dal terremoto Luciano Tortoioli, l’ingegnere che ha seguito tutte le fasi fin dall’inizio, oggi direttore delle politiche territoriali della Regione, traccia un bilancio positivo. E parte proprio dai finanziamenti per rassicurare: i fondi per la ricostruzione ci sono, non resta che concentrarci sulla realizzazione dei Piani integrati di recupero. Il “Modello Umbria” ha dato risultati positivi – commenta Tortoioli. Tutto si può migliorare, aggiunge, ed è quello che si è fatto in questi anni in cui si sono costruite norme tecniche, si sono disegnati ruoli istituzionali e modalità di intervento che non esistevano nella normativa italiana.Insomma un “Modello Umbria” partito da zero e da una impostazione di fondo definita nelle leggi nazionali e regionali e nelle ordinanze del “Commissario straordinario per il terremoto” che sono state continuamente aggiornate (l’opposizione dice appesantite) per rispondere a esigenze precise. C’è stato anche il passaggio all’Euro che ha portato lavoro extra per la Regione e per i progettisti per l’adeguamento dei programmi predisposti per la progettazione. Della impostazione di fondo è rimasto saldo il criterio per cui sono state attribuite ai Comuni le maggiori responsabilità possibili. Una scelta che sembrava poter essere allo stesso tempo punto di forza per i comuni più strutturati ma anche punto debole per i comuni più piccoli, tanto da far prevedere per legge la possibilità che la Regione potesse sostituirsi al comune inadempiente. Ipotesi che non ha avuto seguito anche perché, commenta Tortoioli, si è visto che in realtà si sarebbe dovuto procedere a commissariare l’intero comune in quanto la pratica per la ricostruzione richiede l’intervento di più uffici comunali. Di fronte alle difficoltà di alcuni comuni la Regione ha scelto infine la via del sostegno al Comune.E’ accaduto nella questione dei container laddove il comune non era molto sollecito nel restituire quelli vuoti alla protezione civile. L’esercizio di “poteri sostitutivi” è stato previsto anche per i comuni nei confronti di proprietari che potessero ostacolare l’attività dei “consorzi”. Anche qui si è verificato che non è questa la via per risolvere ritardi nella ricostruzione. Nei pochi casi in cui i comuni hanno ricorso ai poteri sostitutivi si è dovuto fare lo “stato di consistenza” una relazione più che dettagliata sulla situazione dell’immobile per evitare possibili contestazioni. Si è preferito quindi collaborare con i privati e cercare di rimuovere l’ostacolo che spesso è di natura economica. Nuovi provvedimenti sono stati presi in tal senso ed è anche per questo che sono ottimisti sull’avvio della ricostruzione integrata. Sarà vera rinascita? Da cinque anni diamo i numeri, e lo faremo anche quest’anno. Famiglie, persone, container, cantieri aperti e chiusi, e ancora da aprire, soldi, e anni e mesi e giorni. Tutto per tentare di capire a che punto siamo con la ricostruzione delle case, palazzi e strutture pubbliche, chiese e monumenti, sui quali sono rimasti i segni dei sei lunghi mesi di scosse del terremoto del 1997. Non siamo maniaci dei numeri. Ci interessano le persone, le comunità che stanno ricostruendo gli spazi della loro vita personale e comunitaria, civile e politica economica ed anche ecclesiale. La vita, insomma. Ed è difficile poter dare un’idea delle tante storie e situazioni, a volte drammi, vissuti dai nostri conterranei. Ricostruire e far rinascere a nuova vita piccoli centri che erano sempre più abbandonati già prima del terremoto, e tra questi anche Nocera Umbra con il suo centro storico, resta la sfida più importante e più difficile da vincere. Non si potrà valutarla in base ai soldi spesi né nel giro di pochi anni, perché saranno i giovani di questi paesi a segnarne il futuro decidendo di andare o restare magari inventandosi un lavoro o scegliendo di fare il pendolare pur di non abbandonare il proprio paese. “Il terremoto può essere occasione di rilancio di tutta l’area” si diceva in Regione, quando si iniziava a scrivere le ordinanze e le leggi per la ricostruzione. Eppure di questo si parla poco, di come fare perché il miracolo avvenga, perché le case già ricostruite, e quelle che lo saranno, oltre ad essere più belle e sicure siano anche più piene. Anche su questo si dovrà inventare un “modello Umbria”? Credo di sì, se non altro per il fatto che il miracolo si potrà realizzare solo con il contributo di tutti gli umbri interessati: dai cittadini alle istituzioni passando per le associazioni di categoria e perché no, per la parrocchia e associazioni di volontariato. In questo quinto anniversario che registra un rientro nelle proprie case del 62% di quanti ne furono scacciati dalla furia delle scosse, vorremmo guardare avanti, non solo al completamento della ricostruzione pesante e dei piani integrati di recupero, ma ancora oltre per chiederci, per chiedere ai “terremotati”: i vostri, i nostri, figli, avranno buone ragioni per restare o venire a vivere lì dove a tenere le posizioni sono rimasti solo i nostri vecchi? Mi auguro di sì. Questa sarà la vera rinascita. Case e paesi ricostruiti ed abitati da famiglie serene e felici di esserci.Maria Rita Valli14mila a casa. 1.374 ancora nei containerCinque anni segnati dalle ferite del terremoto, da polemiche, da leggi, ordinanze e incontri e scontri. Cinque anni in cui delle 22.604 persone messe fuori casa dalla furia del terremoto il 62%, (14.008), sono ritornate nella loro casa, il 32% (7.249) è in alloggi alternativi e il 6% (1.374) è nei container). Merito della ricostruzione ‘leggera’, oramai praticamente conclusa, e di una parte (il 59%) di quella ‘pesante’ fuori dai Piani integrati di recupero se degli oltre 3.558 moduli abitativi che formavano i campi container ne sono rimasti solo 553 (in cui vivono 1.374 persone) dei quali 103 assegnati su segnalazione dei servizi sociali e 77 ‘occupazione impropria’. I Comuni più colpiti sono stati sei (Foligno, Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Assisi, Valtopina, Sellano) con l’81% della popolazione ‘sfrattata’ dal terremoto (18.544 persone) e il 60% della ricostruzione ‘leggera’, il 58 della ‘pesante’ e il 94 % di quella ‘integrata’.L’attenzione ora è concentrata proprio sulla ricostruzione integrata (Piani integrati di recupero), la più complessa perché chiede la collaborazione di più proprietari, l’intervento della Soprintendenza, la realizzazione di infrastrutture (fogne e così via), con una somma di problematiche facilmente immaginabili che si aggiungono ai già noti problemi dei ‘consorzi’ di proprietari che devono trovare l’accordo su tutto per poter procedere. Uno degli ostacoli all’avvio dei lavori è rappresentato dalle diverse disponibilità economiche dei proprietari. Tipico l’esempio del pensionato che doveva affrontare costi non coperti dal contributo e per lui insostenibili. Per superare anche questo ostacolo la Regione ha rivisto il calcolo dei contributi oltre ad averli previsti per le finiture, in un primo tempo escluse. Sono solo alcune delle decisioni che si sono accumulate nel tempo per rispondere a problemi precisi rendendo complessa una normativa che è contestata per essere troppo burocratica. Per gestire migliaia di miliardi di Lire non ci si poteva accontentare della dichiarazione del tecnico o del proprietario, commenta Mario Matteucci, dirigente regionale responsabile del settore ricostruzione, e inoltre ormai i tecnici riescono a gestire con maggiore facilità le pratiche necessarie. Tra i Pir, tanto per fare un esempio, tutto il centro storico di Assisi forma un unico Piano integrato di recupero: difficilmente potrà dirsi concluso in pochi anni. Così anche per Nocera Umbra e altri centri storici dei sei comuni più colpiti. Dunque sono pochi i Pir conclusi e pochi anche quelli avviati, ma ciò non significa che la ricostruzione delle singole abitazioni sia in fase di stallo. Si procede, infatti, per Unità minime immobiliari, ovvero per blocchi di intervento omogenei, e su questo fronte anche Nocera Umbra, dove la situazione è più complessa, registra 2 Umi concluse e 80 avviate. Poco rispetto al lavoro da fare ma in Regione assicurano che questo sarà l’anno dell’avvio della ricostruzione integrata.