Continuiamo la riflessione iniziando da un contesto simile a quello di una settimana fa. Siamo davanti a un “seme buono” che però dovrà fare i conti con un’erba infestante che alla vista esteriore gli è molto somigliante, e che si differenzierà solo per i frutti che produrrà alla fine. Le altre due parabole inserite nel testo ci dicono che il Regno ha inizio con un piccolo seme; Gesù è questo seme e questo inizio, che dopo essere stato “tre giorni e tre notti nel cuore della terra” (Mt 12,40), è germogliato e ha dato inizio a un processo che produrrà un grande albero. La seconda parabola ci indica che, come il lievito, il Regno farà sentire la sua influenza e la sua azione ovunque.
Arriviamo a due primi insegnamenti: non dobbiamo scoraggiarci, sentirci soli, avere la sindrome da “fortezza assediata”, né continuare a piangere perché le nostre chiese si stanno svuotando. Dobbiamo porci il problema, ma dobbiamo innanzi tutto avere la certezza che comunque il Regno arriverà a compimento, e molti frutti buoni saranno raccolti, anche se partiamo con piccolissimi semi.
Il secondo è un aspetto sociale della nostra religione; perché, anche se potrebbe non sembrare così, seppure siamo in pochi, se ci comportiamo da “lievito” tutta la pasta risentirà della nostra presenza. Tale indicazione dovrebbe aiutarci a prendere coscienza che ciò che chiamiamo “mondo” aspetta soltanto la nostra azione: che si voglia o no, se agiremo da lievito, faremo sentire la nostra azione dappertutto. Concentriamoci su alcuni aspetti delle letture di questa giornata – che ci appaiono più chiari oggi di quando eravamo giovani. La Parola di Dio è sempre attuale perché parla dell’Uomo ma anche perché arriva tanto più in profondità e acquista spessore quanta più vita riusciamo a metterci dentro.
Le letture che precedono il Vangelo mettono al centro il tema della misericordia di Dio: “Il fatto che sei padrone di tutti ti rende indulgente con tutti” (Sap 12,16), “Padrone della forza, tu giudichi con mitezza e ci governi con molta indulgenza” (12, 18), “Tu sei buono Signore e perdoni” (Sal 85,5), sei “lento all’ira e grande nell’amore” (85, 15), il tuo “Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rom 8,26).
Con un’introduzione così “rasserenante” ci accingiamo ad affrontare il tema del male nella società, nella Chiesa, ma soprattutto dentro di noi. Nel Vangelo è Gesù che spiega la parabola ai discepoli, mettendo in chiaro quali siano i soggetti interessati e a chi corrispondano i vari personaggi; ma sarebbe un atteggiamento adolescenziale pensare che esista una così netta differenza e divisione tra bene e male, tra persone totalmente buone e altre totalmente cattive. La condizione adulta ci insegna che non riusciamo quasi mai a trovare una tale nettezza di comportamenti: quanta zizzania è divenuta buon grano, e quanto buon grano malefica zizzania? E dentro di noi. Quanto convive di queste due piante? Pensiamo che sia estremamente opportuno iniziare dall’analizzare quanta zizzania possa essere presente dentro di noi, visto che ci viene consigliato da Gesù di guardare prima la “trave” che è nel nostro occhio e poi la pagliuzza “nell’occhio del tuo fratello” (Mt 7,3).
Interessante a questo riguardo la diversità di approccio dei servi e del Padrone. I servi reagiscono con un atteggiamento che ricorda molto l’impeto giovanile, che fa percepire tutte le situazioni come nette: il bianco o il nero, il bene o il male. L’atteggiamento del Padrone ci sembra molto più adulto: il male fa parte della nostra vita, delle nostre esperienze.
Dobbiamo essere però sinceri nel riconoscerlo, nel dargli un nome; dobbiamo sì combattere gli aspetti negativi, ma soprattutto ci viene chiesto di concentrarci e sostenere il bene presente, che è quello che darà frutto. Certo, la presenza della zizzania diminuirà la quantità prodotta, ma dobbiamo essere certi che alla fine ci sarà un buon raccolto. Se il Padrone guarda con misericordia il campo in cui crescono insieme bene e male, altrettanto ci è chiesto di fare.
Quante nostre comunità non guardano a se stesse, ai propri membri con misericordia; quanti cristiani guardano il mondo con sguardo di giudizio, di condanna! Aiutiamoci nel discernimento, sosteniamoci affinché la nostra coscienza non si addormenti ed entri tanto male, che a volte non percepiamo nemmeno come tale; ma ricordiamoci di guardare anche a questo aspetto negativo con amore. Non possiamo rispondere al male dichiarandogli guerra: solo rispondendogli con amore possiamo sperare di trasformare la zizzania in grano. Questo insegnamento dovremmo tenerlo sempre presente soprattutto in famiglia, luogo in cui siamo tentati a volte di rispondere “per le rime” invece di inserire un surplus di amore per scardinare alcune dinamiche che sono frutto del Maligno.