Quella mattina del 6 agosto 1962. Come ogni mattina, terminata la messa alle Cappuccine, intorno alle 8 avevo parcheggiato in piazza 40 Martiri, davanti all’edicola, la mia fatiscente Lambretta; il buon giorno dato all’edicolante Giulietto Tomassoni aveva avuto come risposta un suono disarticolato, sicuramente affettuoso, ma tutto da decifrare, per via delle migliaia di sigarette che avevano preceduto a ritmo incalzante quella che in quel momento gli pendeva dall’angolo della bocca. Era in corso il primo periodo del Concilio; io lo seguivo tramite quello che su Il giornale del mattino di Firenze scriveva un certo non meglio identificato Ernesto Balducci e chi è mai costui. Ma quella mattina…: “Marylin Monroe si è uccisa”. La povera Marylin: così la nostra gente chiama chi non è più tra noi. La povera Marylin. Era successo la notte fra il 4 e il 5 agosto. D’istinto abbassi la testa e socchiudi le palpebre. Rialzi la testa, e davanti agli occhi La Loggia dei Tenditori e il Campanile di S. Giovanni e il Palazzo dei Consoli sono sempre lì, nitidi nell’aria nitida del mattino. La povera Marylin. Com’è possibile? Era l’immagine della felicità. Sembrava l’immagine della felicità. Te l’avevano venduta come immagine della felicità. Sei sicuro, tu giovane prete dai cromosomi conflittuali, che non fosse questa, e solo questa, la strada alla vita? E che la rinuncia a una tua donna e ad una tua famiglia potesse davvero aprirti gli orizzonti che t’hanno fatto intravedere in seminario? Da quel giorno imparammo, a tozzi e bocconi, chi era davvero Marylin Monroe. La povera Marylin, versione patinata del povero cristo che si trascina nella vita senza riuscire a sentirla sua. Interamente costruita come un’oca, venduta come un’oca, spennata come un’oca, uccisa come un’oca. Ognuno ha il suo calvario. Ma che qualcuno potesse progettare la patinatura di una delle infinite riedizioni del calvario di tutti, per venderla al supermercato dell’immagine, questo era davvero troppo. Questo successe. La povera Marylin. Povera anche in questo. Soprattutto in questo. E oggi le TV, impegnate nell’ennesima gara di stupidità, ne profanano il ricordo dolente nel quarantesimo anniversario del suicidio. “Icona del secolo XX”. Dio perdoni la folle sete di chi non esita a tentare di vendere anche l’anima altrui. L’eterno riposo donale, o Signore, se ha ancora bisogno della nostra preghiera.