Anche il famoso fotografo statunitense Steve McCurry, girando in lungo e in largo per l’Umbria, ne ha scoperto l’affascinante bellezza. Arroccata in un paesaggio naturale che ha pochi eguali, l’abbazia di Santa Croce di Sassovivo (Foligno) è infatti protagonista di due dei 100 scatti che fanno parte della mostra “Sensational Umbria” in esposizione a Perugia: il chiostro romanico e un momento di vita comunitaria dei monaci Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, che gestiscono l’abbazia dal 1979 su mandato del Vescovo di Foligno.
Il complesso di recente è stato oggetto di una campagna di scavi archeologici condotta da 21 laureati della Scuola di specializzazione in beni architettonici e del paesaggio dell’Università La Sapienza di Roma, sotto la direzione di Maria Romana Picuti e sotto l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai beni archeologici dell’Umbria e per i beni architettonici e paesaggistici dell’Umbria. Lavori resi possibili grazie ai fondi dell’Università e della rinata “Associazione degli amici dell’abbazia di Sassovivo”.
Lo scavo, che ha interessato l’area esterna del sagrato, ha riservato delle scoperte “in parte attese, ma certamente interessanti” – spiega la dott.ssa Picuti. Sono infatti venute alla luce possenti strutture murarie (risalenti al XIII secolo) che sembrano essere un prolungamento della chiesa, “una specie di avancorpo relativo all’originaria struttura medievale dell’abbazia benedettina, che nel corso dei secoli subì dei rifacimenti e che probabilmente doveva essere molto più grande dell’attuale” sottolinea. Al centro è stata rinvenuta una fornace ottocentesca.
Lo scavo rimarrà aperto fino a settembre: “L’intenzione è di allargare l’area da indagare e di approfondire i livelli per andare alle fasi più antiche” prosegue Picuti. Nei mesi di luglio e agosto sarà possibile visitare l’area con visite guidate (in fase di definizione).
Intanto dal marzo scorso sono ripresi i lavori di restauro del complesso abbaziale. Si tratta del terzo cantiere di lavoro dopo i gravi danni subiti dalla struttura a seguito del terremoto del 1997. Il primo ha interessato il recupero dell’ala della Fraternità, il secondo, iniziato nel 2002, la chiesa, il chiostro, la biblioteca e altri annessi. Oggi, grazie anche all’interessamento dell’Associazione amici di Sassovivo (ricostituitasi nel 2011) – di cui è presidente l’archeologa Roberta Taddei – e all’interessamento del vescovo di Foligno mons. Gualtiero Sigismondi, del direttore regionale per i Beni culturali e paesaggistici Francesco Scoppola e dell’arch. Battoni, responsabile della sezione Beni culturali della Protezione civile della Regione dell’Umbria, “i fondi residui – spiega Taddei – rimasti bloccati in Regione sono stati svincolati, così che si sono potuti riappaltare i lavori di restauro interrotti nel 2006 per il fallimento della ditta al tempo esecutrice dei lavori. Sarà così possibile portare a termine i restauri del chiostro cosmatesco, oltre a fare il necessario collaudo dei nuovi impianti di riscaldamento ed elettrico”.
L’abbazia, la cui proprietà è divisa tra la diocesi, lo Stato e un privato, è gestita dalla comunità dei Piccoli Fratelli: in tutto sono 7 religiosi che si dedicano alla preghiera, all’accoglienza e all’organizzazione delle varie attività culturali.
L’ABBAZIA
L’abbazia di Sassovivo – spiega Roberta Taddei -, fondata dal monaco eremita Mainardo intorno al 1070, è centro di una formidabile potenza religiosa, politica ed economica. Già nel 1138 Innocenzo II le concesse il privilegium protectionis et exemptionis, cioè il privilegio di dipendere direttamente dalla Chiesa di Roma, decretandone l’esenzione dalla giurisdizione vescovile. I suoi possedimenti si estendevano da Roma a Spoleto, Orte, Amelia, Bagnoregio, Orvieto, Todi, Perugia, Assisi e Camerino. Una prova dell’eccezionale fioritura della congregazione è anche la costruzione, nel 1229, del mirabile chiostro cosmatesco. Il complesso nasce come castello fortificato, donato dai conti Monaldi, di stirpe longobarda, a Mainardo. L’identificazione del perimetro della residenza/fortezza, che rappresenta il nucleo originario sul quale si imposteranno le varie fasi costruttive dell’abbazia, è di eccezionale importanza per la conoscenza dell’architettura longobarda e sta in parte emergendo grazie anche ai recenti scavi”.