Mentre scorrono queste domeniche dopo Pentecoste, noi rischiamo di travolgerle nel clima estivo, un po’ vacanziero, non ritenendole significative per la nostra vita. In verità ogni domenica è un dono sempre nuovo e la liturgia ci spinge a capire che la Parola di Dio è un tesoro che abbiamo esplorato ancora solo in superficie, che non abbiamo vissuto in tutta la sua ricchezza. In effetti, se proviamo a guardare con occhi veri la nostra vita, scopriamo che il Vangelo solo limitatamente è divenuto realtà della nostra esistenza.
Per questo, di settimana in settimana, abbiamo bisogno di essere ricondotti, alla sua scuola. Siamo discepoli e non maestri: abbiamo ancora molto da imparare. Gli anni potrebbero farci cadere nella tentazione di non aver più bisogno di ascoltare, di smettere di essere discepoli. La verità del credente è esattamente l’opposto. Il Vangelo di questa domenica (Matteo 11, 25-30) ce lo ricorda con chiarezza. È una delle rare preghiere di Gesù; anzi è l’unica se si esclude quella al Gestsemani. “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (v.25), dice Gesù al Padre.
Con queste parole benedice e ringrazia il Padre perché ha fatto conoscere il Vangelo del Regno ai “piccoli”. Che questa sia la volontà di Dio, Gesù se ne rende conto guardando quel piccolo gruppo di uomini e di donne che lo seguono. Tra di loro non ci sono molti potenti e intelligenti; erano per lo più pescatori, impiegati di basso livello o comunque persone di ceto non elevato. Se qualche personaggio di rilievo si era avvicinato a Gesù (pensiamo al saggio Nicodemo), si è sentito dire che doveva “rinascere di nuovo”, tornare ad essere “piccolo”, altrimenti non sarebbe potuto entrare nel Regno dei Cieli. Solo ai “piccoli”, infatti, appartiene il Regno.
“Piccolo” è chi riconosce il proprio limite e la propria fragilità, chi sente il bisogno di Dio, lo cerca e si affida a lui. Il testo evangelico, pertanto, quando parla con tono dispregiativo di “colti e intelligenti”, non vuole intendere coloro che con fatica ricercano la verità e il miglioramento della vita personale e collettiva. Tutt’altro. Si riferisce piuttosto a quell’atteggiamento che trova il suo prototipo negli scribi e nei farisei. Costoro si sentono a posto davanti a Dio, ricchi delle proprie buone opere; si ritengono a tal punto colti delle cose di Dio da non avere il minimo di inquietudine; sono così sazi di se stessi che non sentono il bisogno di stendere la mano per chiedere l’aiuto a Dio.
Questa autosufficienza, inoltre, non è affatto neutra, si accompagna al disprezzo per gli altri, come Gesù stesso ci mostra nella parabola del fariseo e del pubblicano: il primo prega in piedi davanti l’altare mentre il secondo prostrato, in fondo, si batte il petto, pentito. Eppure, aggiunge Gesù, è proprio quest’ultimo ad essere giustificato. È ad uomini come questi che Gesù dice: “venite a me, voi che siete affaticati e oppressi, ed io vi darò ristoro”. Il Signore, come un amico buono, chiama a sé tutti coloro che sono affaticati e appesantiti dalla vita: da quel pubblicano, al piccolo gruppo di uomini e donne che lo seguivano, sino alle folle di oggi, quelle grandi folle sparse nei cinque continenti prive di speranza, oppresse dallo strapotere dei ricchi, colpite dalla violenza della guerra, della fame, dell’ingiustizia. Su tutte queste folle dovrebbero, oggi, risuonare le parole del Signore: “Venite a me, vi darò ristoro”.
Il ristoro non è altro che Gesù stesso: è riposarsi sul suo petto e nutrirsi della sua Parola. Gesù, e solo lui, può aggiungere: “Prendete il mio giogo su di voi”. Non parla del “giogo della legge”, il duro giogo imposto dai farisei. Il giogo di cui parla Gesù è il Vangelo, esigente e assieme dolce, appunto come lui. Per questo aggiunge: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Imparate da me: ossia divenite miei discepoli. Ne abbiamo bisogno noi; e soprattutto ne hanno bisogno le numerose folle di questo mondo che aspettano di ascoltare ancora l’invito di Gesù: “Venite e troverete ristoro”.