Attenti a non tornare indietro. E’ il rischio che si corre nella riscrittura degli Statuti regionali e di quello della regione Umbria. Si rischia di arretrare sul fronte della governabilità , fatta di chiara attribuzione di responsabilità politica al presidente della Giunta; per recuperare sul fronte del ruolo e delle funzioni del Consiglio regionale, fortemente penalizzato dalla elezione diretta del presidente della giunta. Sintesi estrema di un dibattito articolato che ha messo sul tavolo della discussione politica, con la P maiuscola, i nodi principali della riforma statutaria, quella che deve produrre la “carta costituzionale” della nostra regione. L’occasione è stata data dall’incontro tenutosi venerdì scorso a Perugia per la presentazione del “Contributo allo statuto della regione dell’Umbria” elaborato dalla Consulta Ceu per i problemi sociali e il lavoro. “Il contributo più articolato giunto alla Commissione speciale per lo Statuto della Regione dell’Umbria” ha detto la Presidente, Fiammetta Modena, aggiornando sui lavori della Commissione che stanno entrando nel vivo delle scelte. Prima tappa è la redazione dei principi fondamentali, con una bozza all’ordine del giorno della riunione convocata per venerdì 7 giugno. Il tema della ‘forma di governo’ e della legge elettorale sarà l’ultimo ad essere affrontato perché più controverso e di difficile composizione. Il dibattito è stato introdotto da Luca Diotallevi, sociologo collaboratore del Censis, membro del gruppo di lavoro che ha elaborato il “Contributo”. La redazione dello Statuto è un “evento politico rilevante”, ha detto, perché “tocca forme di potere rilevanti”, destinate ad incidere nella vita della comunità civile, economica, sociale e dei singoli, e perché affronta la riforma delle istituzioni locali resasi “urgente per i deficit funzionali della Regione Umbria”. Ragioni valide per tutti, quale che sia il colore politico, alle quali Diotallevi ha aggiunti due input diretti ai cattolici: “fondamentale occasione per fare autocritica” rispetto al passato e, rispetto al futuro, occasione da non perdere per “mostrare il valore dei principi orientativi della dottrina sociale della Chiesa che da appello generico possono divenire scelte operative”. Diotallevi ha affrontato il nodo dell’impegno politico dei cattolici partendo da una constatazione di fatto e cioè che “la scomparsa della Dc ha prodotto un più diretto e improprio protagonismo delle gerarchie ecclesiastiche nella politica” ed un arretramento, a volte una scomparsa, del protagonismo dei laici. Gli eventi politici non sono “materia informe da plasmare con verità date” ma sono “provocazioni per la fede” in una situazione di pluralismo politico nel quale è necessario “imparare a convenire sull’opinabile”. Che in politica si sia nel campo dell’opinabile che obbliga “tornare a pensare” lo ha sottolineato mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia Città della Pieve, chiedendo “ai cristiani di essere più laici e più protagonisti” perché, ha aggiunto, “è necessario che sia il laico a dibattere questi temi”. E il dibattito non si è fato attendere. Lo ha introdotto Giorgio Armillei, componente del gruppo che ha redatto il “Contributo”, richiamando alcuni punti centrali del documento.Ha richiamato la valutazione dei trent’anni di regionalismo umbro in cui si è prodotta una “presenza invasiva del sistema politico regionale” imputabile ai partiti ma al quale “ha contribuito anche buona parte della società civile umbra”, la stessa che oggi frena di fronte alle ipotesi di riforma che tendono a restituire autonomia e responsabilità al sistema economico e civile regionale. Armillei ha affrontato anche il problema del rischio di “neocentralismo regionale” che potrebbe esercitarsi nei confronti delle Autonomie locali, soffocando il principio di sussidiarietà orizzontale, cioè tra le istituzioni. Il “Contributo” chiede “una Regione più forte che possa assumere decisioni e attuarle” ha aggiunto Armillei, ribadendo la validità dell’elezione diretta del presidente della Regione cui dovrebbe corrispondere il rafforzamento dei poteri di controllo del Consiglio regionale ed in particolare dell’opposizione. Scelte opinabili, quelle presentate dal”Contributo” ed illustrate da Armillei, sulle quali lo stesso gruppo di lavoro pur trovando una convergenza possibile votando il testo a maggioranza, ha registrato divergenze su vari punti. Lo ha rilevato Mario Tosti, anch’egli membro del gruppo di lavoro, che ha fatto presente la “non totale accettazione del sistema elettorale maggioritario” all’interno del gruppo di redazione. Carlo Liviantoni dopo aver espresso “apprezzamento” per il contributo e per questa occasione di confronto, si è spogliato dei panni di Presidente del Consiglio regionale per intervenire in quanto “membro del popolo di Dio” su alcune delle cose “opinabili”: maggioritario ed elezione diretta del presidente della Giunta regionale. Premettendo, però una precisazione sulla questione della “occupazione politica della società”, affermazione che “aveva senso anni fa” ma non oggi che “non c’è più nessun gruppo che si rifà al nome dei partiti che c’erano allora”. Sono “forze nuove”, non ci sono più nemmeno le persone di allora e “gli stessi Ds, eredi del Pci, non hanno più l’organizzazione articolata e penetrante del Pci”.E se “ieri le segreterie dei partiti decidevano ciò che dovevano fare le istituzioni, oggi le istituzioni nemmeno ti sentono”. Premessa necessaria, ha detto Liviantoni, altrimenti “parliamo di cose che non ci sono più”. Cos’è da temere oggi Liviantoni l’ha detto chiaramente: la “tendenza ad una neo-monarchia” che si cela nel “sistema tutto spinto sulla elezione diretta, con tutti i poteri in mano al presidente della giunta, in mancanza di un bilanciamento dei poteri del Consiglio regionale”. E’ quanto già stanno vivendo i Consigli regionali di tutta Italia, esperienza negativa che ha portato alcune regioni a tornare al sistema elettorale proporzionale e alla scelta del presidente da parte del Consiglio regionale. Il malessere, avverte Liviantoni, non colpisce solo l’opposizione ma anche i consiglieri di maggioranza perché “se non c’è rapporto politico tra il presidente e la sua maggioranza consigliare, accade, come sta avvenendo in Umbria, che la maggioranza per farsi sentire occupi il posto dell’opposizione”. E’ questione di democrazia e non di “giochi dei gruppi politici” ha ribadito Liviantoni, questione tra le più difficili, forse, da affrontare, perché chiede una disponibilità ed una volontà di rinnovamento reali, oltre ad una buona dose di inventiva per ridisegnare un sistema di poteri che oggettivamente s’è fatto più complesso. Oltre alla crisi dei partiti tradizionali in questi anni si è registrato un nuovo e più forte protagonismo degli enti locali, anche sulla spinta di importanti riforme di decentramento amministrativo e federalista che stanno modificando in profondità rapporti politici ed istituzionali.
Statuto regionale: cattolici a confronto sull'”opinabile”
Incontro sul "Contributo" della Ceu: "il più articolato giunto alla Commissione" dice la Modena
AUTORE:
Maria Rita Valli