In questo numero de La Voce ci sono altre informazioni a proposito della sentenza della Corte costituzionale sulla fecondazione artificiale eterologa. Mi limito quindi a qualche annotazione collaterale. Anzitutto, che cosa ha detto la Corte? Ha detto che, se la legge ammette la fecondazione artificiale “omologa” (ossia all’interno della coppia), il principio di uguaglianza non consente di vietare la fecondazione artificiale “eterologa” (ossia con l’intervento di un estraneo destinato a rimanere anonimo) alle coppie che altrimenti non potrebbero procreare. Ma il principio di uguaglianza, benché fondamentale, può essere molto controverso. Infatti esso obbliga a trattare in modo uguale situazioni uguali, e non vieta – e a volte anzi impone – di trattare in modo diverso situazioni diverse. Quindi il problema diventa quello di stabilire chi è uguale e chi è diverso; ossia di stabilire quali siano le differenze che contano e quelle che non contano. Le persone sono tutte uguali, e non è accettabile che una persona sia trattata in modo diverso solo perché diverso è il colore della sua pelle; ma è normale che chi ha una laurea in Medicina possa fare il medico e chi non ce l’ha, no. Quindi, quando la Corte applica il principio di uguaglianza fa, in realtà, una scelta etica, perché vede che una differenza c’è, ma dice che non deve contare. Altri potrebbero fare la scelta etica opposta. Insomma, queste decisioni sono uno dei tanti modi nei quali l’etica e il diritto, che pure sono cose diverse, interferiscono fra loro. Ma è anche vero che non tutto ciò che viene condannato dall’etica debba essere condannato anche dal diritto. Come la legge rinuncia a punire l’adulterio, così può ammettere anche la fecondazione eterologa, che può essere vista come una forma speciale di adulterio. Ma tutto questo è secondario davanti al valore della nuova creatura che nasce, quale che sia il modo in cui è stata concepita. Il delitto inaccettabile è l’aborto, non la fecondazione eterologa.