I Ceri di Gubbio e i Candelieri di Sassari. Due manifestazioni unite dalla grande partecipazione popolare, ma soprattutto dalla devozione verso i Santi che proteggono le due città. Sant’Ubaldo per gli eugubini e Maria Santissima Assunta per gli isolani, che con Gubbio hanno voluto stringere un legame di amicizia e di conoscenza reciproca. C’erano anche i rappresentanti della comunità sassarese alla celebrazione solenne in Cattedrale per la festa del 16 maggio. Agli eugubini, ma anche agli ospiti della “Faradda” sarda, il vescovo mons. Pietro Bottaccioli ha rivolto nell’omelia alcune sollecitazioni sulla fede verso i loro patroni. “E’ sempre un affetto illuminato, è sempre una venerazione corretta, quale si conviene a un Santo?”, si è chiesto il successore di Sant’Ubaldo. Bottaccioli ha ripercorso alcuni dei passaggi storici che fanno della Festa dei Ceri l’omaggio filiale e sincero di un popolo intero verso la figura del vescovo Ubaldo. Una devozione testimoniata fin dalle antiche cronache e dagli statuti medioevali della Città di Pietra. Un culto che lo stesso Papa Celestino III riconobbe carico di allegrezza (“hilariter”), dunque vivace piuttosto che rituale. “Ma oggi è doveroso domandarci – ha detto il Vescovo in Cattedrale – se è rimasta intatta l’anima della Festa, la venerazione degna del Santo Patrono”. Bottaccioli non si è limitato a sollevare dubbi. Da pastore della comunità eugubina ha suggerito anche qualche indicazione sul sano spirito per il 15 maggio. “E’ importante non appesantire la festa popolare – ha detto – con l’ esagerata moltiplicazione di appuntamenti di indebito contorno, non smarrirne il significato ricorrendo a ipotesi soggettive sulle origini, non suffragate da documenti, e diffonderle con superficialità. E’ poi necessario – ha aggiunto il Vescovo – rinsaldare più fortemente l’unità tra la manifestazione popolare del 15 maggio e la celebrazione liturgica del 16, perché sempre più consapevole sia il riferimento a sant’Ubaldo”. “La corsa fino alla sommità del monte – ha concluso mons. Bottaccioli – non è una corsa verso il vuoto, ma una corsa che si proietta oltre, perché lassù, sul monte, attraverso il cuore di Ubaldo, si apre un varco verso l’orizzonte infinito di Dio, che trascende le vicende quotidiane e che alla fine unisce tutta la comunità, che con minore o maggiore coscienza, vi corre insieme”.
Mons. Bottaccioli: “La corsa verso il monte non è una corsa verso il vuoto”
AUTORE:
Daniele Morini