Fin dalla lontana preistoria tra le figure geometriche più attestate e usate, la croce è il terzo simbolo fondamentale, con il cerchio e il punto o centro. Sono i segni più semplici da tracciare, tanto che i bambini cominciano a disegnare facendo cerchi, punti e croci e cercando di esprimere con essi il loro modo di vedere il mondo e di rappresentarlo. Il primo modo di rappresentare la figura umana è infatti una croce sormontata da un cerchio. dove i punti indicano gli occhi e la bocca. Forse per questo in tali segni l’uomo ha riconosciuto significati legati alla vita in tutti i suoi aspetti, dal suo sorgere al suo tramonto.
L’immagine grafica della croce dice il rapporto dell’uomo con lo spazio, anche perché, quando l’uomo allarga le braccia per tentare di toccare il mondo che lo circonda e si alza in piedi per tendere meglio lo sguardo verso il cielo, il suo corpo traccia una croce. Così la croce è da sempre simbolo sintetico del rapporto dell’uomo con la terra e con il cielo, con la vita e con il trascendente.
SIMBOLISMO CRISTIANO
Su questa base umana il cristianesimo ha rielaborato il simbolismo della croce arricchendolo ulteriormente a partire dall’esperienza fatta davanti alla croce di Gesù. Questo patibolo orrendo, come ha ben mostrato con crudo verismo il cinema, riletto con gli occhi della fede diventa segno sintetico di tutta la fede cristiana e dei valori universali che contiene.
Fin dalle origini cristiane si è compreso che la morte di Gesù in croce aveva dato un nuovo significato a questo simbolo, icona di un amore che raggiunge il dono totale. Sulla croce Gesù dice infatti: “Tutto è compiuto”, a indicare che non è possibile amare di più che dando la vita, non solo per i propri amici, ma addirittura per coloro che ti stanno uccidendo.
Il simbolo di questo amore totale, in cui l’umano si trascende e l’amore diventa veramente divino, è stato espresso con varie forme grafiche, tutte ricche di significato simbolico.
Vi sono così quattro tipi principali di croce. La croce senza cima, o Tau, o “a T”, simbolrggia la morte vinta attraverso il sacrificio e si ricollega all’episodio biblico del serpente di bronzo posto sull’asta da Mosè (Num 21,6-9). Il significato della croce a Tau ha subìto un ulteriore sviluppo nella tradizione francescana. San Francesco durante la sua vita secolare era legato alla comunità religiosa di sant’Antonio eremita, che si occupava dell’aiuto ai lebbrosi. I suoi membri usavano portare appesa una croce a Tau, simbolo di sant’Antonio abate ed eremita, raffigurato molto spesso con un bastone a T. Per la sua carica simbolica e spirituale, Francesco utilizzò questo simbolo anche per la sua comunità, che lo conserva tuttora. Infatti il significato della croce a Tau in questo contesto si ricollega all’ultima lettera dell’alfabeto ebraico, la T, che ha il medesimo significato dell’Omega dell’alfabeto greco, ovvero il compimento della Parola divina, la venuta del Cristo.
Essa inoltre è simbolo di salvezza e di elezione poiché dagli esegeti cristiani venne collegata a vari segni di salvezza: il segno fatto sulle porte degli ebrei la notte del passaggio dell’angelo sterminatore, prima dell’Esodo (Es 12,1-28); quello fatto sulla fronte dei salvati nella visione di Ezechiele (Ez 9,4) e infine il “sigillo del Dio vivente” che l’angelo deve imprimere nel giudizio finale sulla fronte dei salvati, descritto nell’Apocalisse (Ap 7,2-3). Con le braccia aperte, Francesco spesso diceva ai suoi fratelli che il loro abito religioso aveva lo stesso aspetto del Tau, riferendosi non tanto all’aspetto formale ma bensì a quello spirituale, ovvero che erano chiamati a comportarsi come testimoni fedeli di un Dio compassionevole.
IL TAU FRANCESCANO
La simbologia del Tau acquistò un significato ancora più profondo per san Francesco dal momento in cui nel 1215 Innocenzo III promosse una grande riforma della Chiesa cattolica e il Poverello di Assisi poté ascoltare il sermone del Papa in apertura del Concilio Lateranense IV, contenente la stessa esortazione del profeta Ezechiele nell’Antico Testamento: “Siamo chiamati a riformare le nostre vite, a stare alla presenza di Dio come popolo giusto. Dio ci riconoscerà dal segno Tau impresso sulle nostre fronti”. L’anziano Papa, nel riprendere questo simbolo, avrebbe voluto – diceva – essere lui stesso quell’uomo “vestito di lino, con una borsa da scriba al fianco” e passare personalmente per tutta la Chiesa a segnare un Tau sulla fronte delle persone che accettavano di entrare in stato di vera conversione (Innocenzo III, Sermo VI [PL 217, 673-678]).
Questa immagine simbolica, usata dallo stesso Papa che solo cinque anni prima aveva approvato la nuova comunità di Francesco, venne immediatamente accolta come invito alla conversione. Per questo, grande fu in Francesco l’amore e la fede in questo segno, come ricorda san Bonaventura di Bagnoregio nella Vita di san Francesco d’Assisi (Legenda maior, cap. IV, 1079): “… E in realtà il Santo nutriva grande venerazione e affetto per il segno del Tau, lo raccomandava spesso nel parlare e lo scriveva di propria mano sotto le lettere che inviava, come se la sua missione consistesse, secondo il detto del profeta, nel segnare il Tau sulla fronte degli uomini che gemono e piangono, convertendosi sinceramente a Cristo”.
LA CROCE CLASSICA
Più comune del Tau è la croce classica, con la cima e un braccio traversale, presente nelle forme greca e latina. È quella utilizzata più frequentemente nell’arte cristiana, sia per rappresentare il Cristo crocifisso sia nelle piante delle chiese.
La croce greca ha quattro rami eguali e si inscrive nel quadrato e nel cerchio; è la croce idealizzata, rappresentante la natura divina del Cristo. Per questo è spesso impreziosita da gemme e decori, mentre è piuttosto raro che contenga il Crocifisso.
La croce latina invece, allungando il ramo verticale secondo le dimensioni dell’uomo crocifisso, si inscrive solitamente nel rettangolo perfetto: somma i due quadrati. Esprime perciò anch’essa equilibrio e armonia che rimandano al Divino, ma più di quella greca è la croce realistica, rappresentante la natura umana del Cristo, che spesso viene ritratto sul patibolo.
LA CROCE DI LORENA
La croce con la cima e due bracci trasversali viene detta “di Lorena” dallo stemma dei duchi di Angiò, poi divenuti di Lorena. Fu ispirata dalla forma di un reliquiario di un frammento della vera croce in loro possesso, di cui erano devoti. In realtà l’origine di questa croce è orientale e venne utilizzata nelle raffigurazioni del Cristo crocifisso soprattutto in Grecia. Il significato della croce di Lorena è nella rappresentazione nel braccio superiore dell’iscrizione “INRI”: “Gesù di Nazareth, re dei giudei”, ovvero il titulus crucis. Sottolinea perciò simbolicamente il tema della regalità di Cristo. Un regalità che ha come trono un patibolo, una signoria sul mondo che è signoria d’amore e di dono di sé.
NELLE ICONE ORTODOSSE
La croce con la cima e tre bracci trasversali dal XV secolo venne utilizzata in ambito cattolico come attributo papale, assimilabile al triregno. Essa era già utilizzata nelle icone ortodosse dove il primo braccio era il titulus crucis, il secondo simboleggiava le braccia del Cristo e il terzo braccio, di solito inclinato, rappresentava l’appoggio dei piedi inchiodati. Questo appoggio era inclinato a motivo della tradizione scaturita dalla Sindone. Nell’immagine sindonica infatti una gamba del Cristo sembra più corta dell’altra; da questo particolare nacque la strana tradizione del Cristo claudicante, crocifisso con un sostegno storto.
Questa immagine evoca che la bellezza e la perfezione divina rivelata nella croce superano le possibilità ci comprensione umane. “La croce è infatti stoltezza per i giudei e scandalo per i pagani – dice san Paolo – ma per chi crede è potenza di Dio e sapienza di Dio” (1Cor 1,23-24); per questo, inarrivabile e sempre misteriosa per noi.