Non si può certo dire che la festa di San Giovenale, primo vescovo di Narni, sia stata quest’anno un’edizione scontata. Già dalla sera della vigilia, il due di maggio, il vescovo mons. Vincenzo Paglia, successore di San Giovenale, ha inteso ricondurre l’intera città alle coordinate autentiche della fede e della carità. Alla ormai tradizionale offerta dei ceri da parte dei vari Castelli del circondario e da parte delle Arti e mestieri, quest’anno si intendeva riprendere, per iniziativa del laborioso Ente Corsa, un’antica tradizione: la liberazione di un carcerato o di un condannato a morte. Il vescovo Paglia ha preso alla lettera la proposta, proponendo che il prossimo anno l’intera città di Narni si faccia carico di una autentica liberazione di uno o più schiavi della nostra epoca che, come in Sudan, vengono venduti per 50 dollari e promuova le azioni necessarie per scongiurare una condanna a morte, ancora prevista in molte parti del mondo. La proposta è stata accolta da un caloroso applauso, segno che tutti vogliono intendere la festa del Patrono non semplicemente come un fatto folcloristico, ma come una concretizzazione attualizzata di quella carità che è stata oggetto della predicazione e dell’esperienza di san Giovenale. Ma nell’omelia del giorno della festa, in una cattedrale gremita e attenta, il Vescovo ha proseguito la sua forte e stimolante azione pastorale: dopo la carità ha messo a tema la virtù della fede. E’ partito da un dato statistico: nella città di Narni, solamente una persona su dieci partecipa alla messa domenicale e, quindi, all’ascolto del Vangelo. Da qui la preoccupazione del Vescovo, non la preoccupazione per un precetto non rispettato in quanto il problema è ben più profondo: “Se a Narni solo 10 persone su cento frequentano la messa, se 90 persone su mille non sanno dare neppure un’ora della loro settimana a Dio, è inesorabile che cresca una città egoista, indifferente, litigiosa, invidiosa, maldicente, divisa, che non sa guardare oltre il proprio piccolo o grande potere senza avere la capacità di pensare al bene comune di tutti”.Una preoccupazione che, ha confidato con cuore aperto il Vescovo, nasce dall’amore e dall’impegno che ha manifestato per Narni: “Voglio molto bene a Narni. Voi sapete quanto mi sia adoperato per il mondo del lavoro, per alleviare i danni del terremoto, arricchire il patrimonio culturale. Ma soprattutto sapete quanta energia ho speso perché il Vangelo fosse annunciato, perché i deboli e i malati fossero consolati”.Narni si è sentita fortemente interpellata dal successore di san Giovenale e si è resa ancor più conto che quell’evangelizzazione, iniziata nel 368 dal primo Vescovo e testimoniata nei secoli da tanti segni di santità e di arte, stava ricevendo nuovo vigore dal successore di san Giovenale. Il Vescovo stava indicando la strada per una autentica felicità, andando oltre ogni passeggera e isolata emozione: “Giovenale torna oggi ad indicarci la via della felicità. Egli continua a dirci che è felice chi ama il Signore e chi spende generosamente la propria vita per gli altri, per la crescita della comunità civile e religiosa. E per primo ce ne ha dato l’esempio, spendendo tutta la sua vita per amare il Signore e per amare i suoi concittadini di Narni, nessuno escluso”.Non solo da parte dei fedeli che gremivano la Cattedrale, ma la parola del Vescovo è stata subito commentata per le strade della Città. L’orgoglio narnese si è sentito fortemente stimolato dal suo Vescovo a dare una risposta per una evangelizzazione nuova, ad accogliere il Vangelo per uscire dagli idoli dell’egocentrismo e della superficialità, a far risplendere Narni di luce nuova, della luce dell’amore, della luce della misericordia, della luce di un cuore largo come è largo il mondo. L’omelia del Vescovo non poteva toccare le varie coordinate interessate al problema, per cui ha rimandato ad una prossima riflessione sulle cause – ovviamente molteplici – della situazione, come pure seguiranno le necessarie linee pastorali. Una riflessione pastorale che sicuramente andrà oltre la Città di Narni. Ma già mons. Paglia ha dato un fondamentale orientamento: per camminare in questo nuovo millennio con un cuore più largo e più generoso e per avere la lampada dell’amore accesa, occorre alimentare l’amore ogni domenica, perché solamente la messa salverà da una vita triste e ripiegata su se stessi e salverà la vita stessa di Narni. Quest’anno, dunque, un San Giovenale che esce fuori dalle file del corteo storico per diventare tempo di grazia.
“Giovenale torna oggi ad indicarci la via della felicità”
Forti parole di mons. Paglia all'omelia per la festa del Patrono di Narni
AUTORE:
Mons. Piergiorgio Brodoloni