In un’aula magna del liceo “Jacopone” di Todi gremita di studenti si è svolto – in orario extrascolastico – il tradizionale rito della benedizione pasquale presieduto dal vescovo Benedetto Tuzia. Il rito è stato caratterizzato dall’accompagnamento dei canti del coro degli studenti e dalla drammatizzazione di tre “laudi” del beato Jacopone: Senno me pare e cortisia, Fiorito è Cristo nella carne pura e Stabat Mater. La proclamazione dell’episodio evangelico della risurrezione di Cristo e il messaggio del Vescovo hanno costituito l’apice e il coronamento del rito di benedizione. Prendendo spunto dal contenuto delle laudi, mons. Tuzia ha messo in risalto il tema della passione di Cristo. Il verbo “soffrire” può avere una duplice valenza: se vi si toglie la esse iniziale, si modifica in “offrire”. La sofferenza di Cristo è stata infatti un’offerta per amore. Così la Madonna (come canta Jacopone: Stabat Mater dolorosa iuxta crucem) si è unita all’offerta per amore di suo Figlio e del Suo progetto di universale redenzione. La sofferenza, se non vissuta per amore, opprime, conduce all’annientamento; se invece è accettata per amore, salva. L’amore stesso comprende in sé la sofferenza. L’amore non è perciò disgiunto dall’offerta di sé, dal dono di sé; e l’offerta e dono di sé sono elargitori di vita. La sofferenza e la morte non sono quindi le ultime parole del cristiano perché egli è colui che fonda la fede sulla risurrezione di Cristo, sul Suo sepolcro vuoto. Sì, tutti vanno presso le tombe per onorare il corpo dei loro cari, ma il cristiano che va a Gerusalemme fa l’esperienza di entrare in un Sepolcro dove Colui che vi era stato posto non c’è più perché è vivo e presente nella storia degli uomini. Allora a ogni cristiano, specie se giovane, spetta il compito di testimoniare in modo credibile la fede nel Cristo risorto. Anzi, ancor più, è bene lasciarsi coinvolgere dall’innamoramento per Cristo. Ad imitazione di san Francesco d’Assisi e, nello specifico, del beato Jacopone da Todi, ogni persona dovrebbe recuperare la ‘pazzia’ d’amore per Cristo. “Senno me pare e cortisia empazzir per lo bel Messia”, scrive Jacopone. Chi ama Cristo e lo dimostra può essere ritenuto un desolato, come asserisce ancora Jacopone: “Chi pro Cristo va empazzato, pare afflitto et tribulato”. Il fuoco interiore dell’amore per Cristo ha fatto sì che uomini come Francesco e Jacopone risvegliassero la coscienza di moltissimi che, ancora oggi, ispirati dalla loro radicalità evangelica, riscoprono la fede che già è in loro e la testimoniano sforzandosi di essere coerenti. Il Vescovo ha quindi augurato che questa Pasqua sia occasione per riscoprire l’amore per Cristo, che va oltre la razionalità e che spinge, come le donne dell’episodio evangelico, ad andare ad annunziare e testimoniare Cristo, fonte della vita.
“La benedizione di mons. Benedetto Tuzia – sottolinea Arianna P. – è stata particolarmente significativa e toccante. È riuscito infatti a entrare nel cuore di tutti gli studenti partendo da un semplice ma grande poeta, Jacopone da Todi, e presentando con la stessa concretezza e senza mezzi termini quanto la nostra religione contempli la dinamica della sofferenza, ma allo stesso tempo offra e doni al prossimo. Una religione che non ha bisogno di reliquie per affermare e credere fermamente che Gesù sia risorto, portando con sé la sua parte migliore, la sua intera persona, ma lasciando a ogni modo all’umanità il motivo per cui il cristianesimo è sempre stato abbracciato, il suo amore”. “La vita – aggiunge Riccardo B. – è un dono: doniamolo! È questo il senso del discorso del Vescovo che mi ha colpito di più e mi ha spronato a fare di più per la mia vita e per quella degli altri. Per l’atmosfera creatasi, grazie a bravissimi musici e coristi che hanno reso la celebrazione viva, e per le parole del Vescovo, mi sono sentito come se Gesù fosse in mezzo a noi a cantare e ridere con noi!”. Insomma un “rito bello – come affermato anche da Sofia P. – in cui gli studenti hanno cantato e proposto le laudi di Jacopone da Todi”. “Sono stati in molti – conclude Andrea R. – a partecipare a questo breve incontro per ricordare e celebrare l’avvenimento più importante della storia del cristianesimo: la Pasqua. Non ci sono colori di pelle, non ci sono diversità fisiche o mentali; una sola voce, una sola comunità, un unico sentimento regnante, Amore. È probabilmente questo il mondo che Gesù desiderava mentre donava la sua vita e che probabilmente ognuno di noi, nel proprio profondo, vorrebbe”.