Chi è cieco? Potremmo prendere questa domanda come chiave di lettura del Vangelo di questa domenica. L’incontro con il cieco è per i discepoli occasione per disquisire sulle cause di peccato che hanno prodotto quel male; per Gesù, invece, diventa un momento per manifestare la sua grazia. Senza una precisa richiesta di guarigione da parte del cieco e senza esitare, il Signore spalma fango e saliva sugli occhi del non-vedente e lo invita ad andarseli a lavare nelle acque di Siloe. Il cieco ci va, si lava e torna vedente. Molto spesso anche noi, come i discepoli, cerchiamo di trovare il colpevole di un fatto, ci sentiamo in coscienza a posto quando individuiamo il perché di una situazione negativa; l’importante è non essere direttamente coinvolti! Gesù va al di là di tutto questo. L’incontro con una persona che vive una difficoltà diventa per lui occasione per rivelarsi e per essere salvezza. Il Signore non giudica il cieco, lo guarisce, ridà a lui la vista, gli permette di vedere.
È lui la Luce protagonista del Vangelo di Giovanni: “Veniva nel mondo la luce vera… eppure il mondo non l’ha riconosciuto; venne fra i suoi ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,9-12). La misericordia di Gesù supera i pregiudizi degli uomini. L’incontro con il Signore cambia nel profondo la persona, ecco perché quelli che si sono avvicinati al cieco prima della sua guarigione non lo riconoscono più ora che è “sanato”. È nuova la creatura alla quale Gesù ha aperto gli occhi! Molto spesso crediamo di vedere, ma in realtà non vediamo perché siamo accecati dal nostro io e dalle nostre umane certezze. Anche i farisei, infatti, restano perplessi davanti al cieco guarito. Sono troppo preoccupati della “forma” e, per paura di vedere le cose in modo diverso, si nascondono dietro la Legge: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato”, è dunque un peccatore. Sono “ciechi”, nascondono la realtà pur di non far vedere le loro paure, le loro debolezze, la loro rabbia. Restano fermi nel comodo pregiudizio. Ecco perché non potranno mai essere guariti. Si sentono perfetti, ed è questa la causa della loro cecità.
Possiamo godere della misericordia di Dio solo riconoscendoci peccatori. Il cieco ha bisogno di Dio, non può contare solo sulle sue forze e ne è consapevole; il fariseo, invece, si sente di bastare a se stesso. Ecco allora che il primo è disponibile ad aprirsi a Cristo che è luce e ottiene la vista; ma coloro che hanno paura di compromettere il loro cuore, restano nelle tenebre. Molte volte anche noi cristiani e praticanti possiamo rischiare di bastare a noi stessi perché “facciamo questo, collaboriamo con quello, dedichiamo il nostro tempo a…”. Non ci rendiamo conto che, se non mettiamo Cristo al centro, rischiamo di sentirci sicuri di vedere quando in realtà siamo ciechi perché anteponiamo le nostre tenebre alla Sua luce. Gesù si rivela al cieco che gli ha posto una semplice domanda sulla sua identità: “Chi è [il Figlio dell’uomo] perché io creda in lui?”. Gli disse Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te” (Gv 9,36-37). Come aveva già fatto con la samaritana, il Signore si manifesta a chi lo cerca, a chi nutre il desiderio di conoscerlo.
In questa domenica, in cui la Chiesa ci invita a celebrare la misericordia del Signore, è importante riflettere su quanto ciascuno di noi ha bisogno del perdono di Dio. Non potremmo mai essere testimoni credibili se ci sentiamo perfetti. Riusciremo ad annunciarlo solo dimostrando agli altri che, prima di tutto, godiamo del Suo perdono. “Grazie, Signore, perché non finisci di scommettere su di noi. Perché non ci avvilisci per le nostre inettitudini. Perché al tuo sguardo non c’è bancarotta che tenga. Perché, a dispetto delle letture deficitarie delle nostre contabilità, non ci fai disperare” (Tonino Bello).