I diversi volti dello sport influenzano non solo il mondo sportivo ma anche le mode e i comportamenti della società. Alcuni esempi dal calcio professionistico serie A: se una squadra va male la colpa, o meglio, la “responsabilità” è di uno solo: l’allenatore. Si caccia l’allenatore, che diventa il capro espiatorio per eccellenza, parafulmine delle colpe altrui.
Mi sembra di rivedere la stessa scena, ma in ambito scolastico, quando genitori che si trovano di fronte ai voti bassi dei figli prendono le difese dei figli stessi e, senza un confronto, e prima ancora di verificare, danno la colpa all’insegnante. E che dire delle continue pantomime dei giocatori, pronti a tuffarsi, rotolarsi, urlare di dolore senza essere stati neanche sfiorati? Cosa insegnano ai giovani e giovanissimi, se non la cultura del falso?
Dallo sport però arrivano anche notizie che danno speranza. L’ultima in ordine cronologico, passata ai più inosservata, arriva dal mondo della pallavolo. Il tecnico Alberto Giuliani (della Lube Macerata) dopo la sconfitta nella semifinale di Coppa Italia di pallavolo, ha rassegnato le dimissioni per aver fallito due obiettivi sui tre prefissati. Fin qui nulla di strano, o meglio, da sottolineare il comportamento dell’allenatore che si dimette: lui in gioco per primo, e si assume le proprie responsabilità.
La società scrive: “Abbiamo perfettamente compreso la delusione e quindi le motivazioni che, subito dopo la sconfitta in semifinale di Coppa Italia, hanno spinto il nostro allenatore a rassegnare le dimissioni dal proprio incarico. D’altra parte, vogliamo però sottolineare come un confronto avvenuto tra tutti i giocatori abbia portato alla conclusione unanime che, essendo una squadra, tutti siamo ugualmente responsabili di ciò che succede in campo” dice un estratto dalla lettera dei giocatori a società e allenatore. La società continua “facendo riferimento alle dimissioni presentate dal tecnico Alberto Giuliani subito dopo la sconfitta di sabato scorso in Coppa Italia; preso atto della sua assunzione di responsabilità, conferma la propria massima fiducia nei confronti del medesimo allenatore, riconoscendone il buon lavoro svolto quotidianamente in palestra con la squadra”.
Tornando a quei genitori, cosa succederebbe se prima di scagliare pietre e anatemi sull’insegnante si fermassero, cercando di stabilire un dialogo e un confronto schietto? Quando una società sportiva crede fermamente nel suo progetto, cerca dirigenti, allenatori che lo condividano e lo mettano in pratica.
E così il Csi è alla continua ricerca di società che vedano lo sport come elemento di crescita, come mezzo per educare i giovani d’oggi e farli diventare cittadini di domani. Ed è pronto a mettersi in gioco perché anche l’ultimo dei ragazzi abbia la possibilità di giocare.
Il messaggio
Il Csi ha fatto suo il messaggio di Giovanni Paolo II alla messa per il Giubileo degli sportivi (stadio Olimpico 12/4/84): “Cercate di utilizzare lo sport come analogia della vita, per imparare a vivere”. Il campo di gioco è come la vita; uno può fare sport per passare il tempo, per ‘mostrare i muscoli’ o per diventare più se stesso. Il valore dello sport è che è analogia della vita, perché il vero campo da gioco è la vita. Così, anche il sacrificio che lo sport richiede svela meglio la sua natura buona e l’esigenza di motivare in modo adeguato un sacrificio. Bisogna far vedere il nesso tra il sacrificio e il risultato, cioè la convenienza di una vita più umana.