Una società sempre più frantumata è quella che si presenta a una attenta osservazione. La prova più evidente ci viene offerta dalla fase preparatoria alle elezioni amministrative a cui sono chiamati molti Comuni della nostra regione. I partiti tradizionali sono in agitazione per la nomina dei segretari; le correnti interne, sempre più numerose, fanno fatica a trovare persone disponibili e approvate dalla maggioranza. Le fazioni territoriali che non condividono le scelte comuni si costituiscono in gruppi autonomi e si presentano ai cittadini con le liste civiche che prescindono dai partiti. E proprio le liste civiche sono la caratteristica più significativa della nostra società frammentata. Risulta tanto difficile perseguire il bene comune, individuare le necessità più urgenti e le scelte da compiere per costruire un futuro migliore, sia per i giovani in cerca di occupazione, sia per il patrimonio culturale, paesaggistico, spirituale dei nostri paesi e delle nostre città, da valorizzare attraverso l’applicazione di idonee strategie? Questo sgretolamento del tessuto sociale, oltre a ripercuotersi negativamente sulle condizioni di vita della popolazione e sulla conservazione dei beni del territorio, crea anche disaffezione verso la politica intesa come gestione della cosa pubblica, determinando nell’individuo un isolamento e un disinteresse che lo angosciano e lo deludono. Una società frammentata e delusa è quella che si prepara alla scelta degli amministratori pubblici. Sapranno gli uomini della politica trovare soluzioni per superare la crisi? Una via da intraprendere potrebbe essere quella che riconduce ai valori umani che hanno ispirato la nostra civiltà e la nostra cultura: solidarietà, fraternità, onestà, amicizia, condivisione.
Perché non tornare allora anche ai valori spirituali che hanno fatto nascere nella nostra Umbria tanti santi e sante che ancora oggi sono punti preziosi di riferimento, non solo per noi umbri? La nostra terra vanta due splendidi esempi di santità e di umanità che tutto il mondo conosce: san Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, e san Benedetto da Norcia, patrono d’Europa. Il primo insegna l’umiltà e carità cristiana, l’amore e il rispetto verso tutte le creature, la fede gioiosa e salvifica, che conduce alla pace e alla riconciliazione, tanto necessarie ai nostri giorni. Il secondo, fondatore del monachesimo d’Occidente, con l’istituzione dei cenobi ha recuperato un equilibrio perduto con il disgregarsi dell’organizzazione politico-sociale dell’Impero romano, riuscendo a costituire un nuovo organismo sociale ispirato ai valori umani e spirituali. E che dire degli incanti della nostra terra che hanno ispirato agli artisti opere di straordinaria bellezza? È ancora nei nostri occhi, ad esempio, la bellissima Madonna raffaellesca che è stata esposta a Foligno. E tanti nostri tesori d’arte, non solo pittorica, sono capaci di elevare gli animi e ricondurre le coscienze a una visione più armoniosa della vita individuale e sociale. Sono certo che ci sono ancora uomini e donne capaci di apprezzare i valori più alti, di individuare i problemi reali della gente e di ridare fiducia e speranza con soluzioni coraggiose nell’interesse di tutti e non di parte. Basta saperli cercare, magari anche al di fuori delle segreterie dei partiti, perché possano prendere per mano le nostre comunità, ascoltarne le istanze, stimolarle e guidarle verso giuste e proficue vie. Mi piace, in conclusione, citare quanto si augura Papa Francesco nella esortazione apostolica Evangelii gaudium al n. 205: “Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri! È indispensabile che i governanti e il potere finanziario alzino lo sguardo e amplino le loro prospettive, che facciano in modo che ci sia un lavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini. E perché non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale”.