La liturgia di questa domenica si sofferma per l’ultima volta sul Discorso della montagna. Nelle domeniche precedenti ci è stato mostrato un percorso per diventare “perfetti”, per diventare uomini e donne “compiuti”. Diventiamo ciò che siamo (persone compiute) quando scopriamo fino in fondo che siamo figli di Dio Padre e da Lui amati. Se nelle domeniche precedenti ci siamo soffermati sul percorso della perfezione, il percorso delle Beatitudini, la strada del Giusto, oggi ci soffermiamo sulla paternità di Dio.
Il brano è molto chiaro nel suo incipit: nella vita abbiamo di fronte due scelte, o Dio e il tesoro che Lui ci propone, o il mondo del denaro con le ricchezze che ne derivano. Questa è l’opzione fondamentale dell’uomo. Se scegliamo Dio, avremo un rapporto di figli, di figli amati, figli liberi; ci immettiamo su una strada che è quella tratteggiata dalle Beatitudini. Se scegliamo le ricchezze del mondo, avremo un rapporto da servi, da schiavi con esse, fatto di ansie e preoccupazioni. Questo brano del Vangelo che contiene il grande invito a scegliere Dio Padre è, secondo noi, da tenere sempre presente per ogni persona e per ogni famiglia, in ogni momento della vita. Se riponiamo la vita nelle mani del Padre, Egli si occuperà di noi. Ci libererà dall’affanno. Perché divenire schiavi delle preoccupazioni del mondo? Perché passare la vita nell’ansia della previdenza anziché porre la fiducia nella Provvidenza?
Quante volte torniamo a casa la sera, sfiniti dal lavoro, incapaci di sorridere al coniuge e ai figli per le preoccupazioni che non riusciamo a scrollarci di dosso! Il lavoro è finito, ma non siamo veramente usciti dall’ufficio o dalla fabbrica. Con la mente siamo ancora lì, solo il corpo è andato a casa; e non riusciamo neanche a intravedere il volto dei nostri cari, ad avvicinarci al loro cuore o a lasciarli avvicinare al nostro. Per ben sei volte in questo brano Gesù ci invita a non preoccuparci.
Chi si preoccupa infatti non vive il presente e quindi non vive in pienezza. Siamo invece invitati a godere del dono di Dio che è il giorno di oggi, con la sua bellezza e anche la sua fatica, ma senza le preoccupazioni, le fatiche e i problemi futuri. Il Padre nostro sa di che cosa abbiamo bisogno, lo sa molto meglio di noi; e ce lo dona, perché noi siamo Suoi figli e gli stiamo a cuore. Che bello avere fede in queste parole di Gesù! È possibile avere fede in queste parole? È possibile distaccarci dal vortice delle preoccupazioni da cui siamo spesso posseduti? Non è facile. Ci vengono incontro le parole, contenute nel Vangelo di Marco, che un padre pronuncia a Gesù dopo avergli portato il figlio da curare: “Credo, ma vieni in aiuto alla mia incredulità”.
La fede non è qualcosa che si possiede – ci insegnano i saggi -, è qualcosa che si dà. È questa la scelta di fondo che ci spetta come cristiani, la scelta di fondo che ci viene posta al termine del Discorso della montagna: a chi vogliamo dare fiducia? A Dio o a Mammona? A Dio o al denaro? Se diamo fiducia a Dio, inizia un percorso; di più, se diamo fiducia a Dio, entriamo già nel Suo regno. Non cessano le fatiche della vita, ma partecipiamo all’avventura straordinaria della costruzione del regno di Dio. Anche noi che scriviamo siamo una famiglia, marito, moglie, due bambine. Ecco, vogliamo partecipare a questa avventura formidabile. Noi genitori crediamo che la possibilità di dare fiducia a Dio Padre sia il dono più grande per noi e i nostri figli. Non c’è cosa più grande e bella di questa.
Il mondo è immerso, spesso ripiegato su se stesso, nei mille affanni, nelle mille deformazioni di cui siamo quotidianamente testimoni. Non ci vogliamo estraniare da queste fatiche ma viverle diversamente. Innanzitutto con la speranza cristiana. Oggi non si spera più niente perché tutto va male. Il cristiano guarda oltre. Costruiamo il regno di Dio e la sua giustizia, e Dio interverrà per salvaguardare la più grande e preziosa delle sue creature: l’uomo, Suo figlio.
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