L’omelia del Cardinale Bassetti

bassetti_cardinale_perugia-3976Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata dal cardinale Bassetti domenica 23 febbraio nella cattedrale di Perugia.

 

Rivolgo un affettuoso e caro saluto al cardinale Silvano Piovanelli che, come un buon padre, stasera mi è stato vicino nel ritorno da Roma. Saluto e ringrazio il fratello cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, con cui da quattro anni stiamo condividendo la situazione della Chiesa italiana: lo ringrazio per la sua vicinanza. E con lui ringrazio i cardinali Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze, ed Ennio Antonelli, che a suo tempo fu successore del cardinale Piovanelli sulla Cattedra dei santi Zanobi e Antonino.

Ringrazio gli eccellentissimi arcivescovi e vescovi dell’Umbria, con cui condivido fortemente i problemi pastorali della nostra regione, della Toscana, e di altre Chiese sorelle e il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino.

Saluto tutti i carissimi sacerdoti della Chiesa perusino-pievese, quelli di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, e alcuni fiorentini che intravedo. Saluto i diaconi, i consacrati, i carissimi seminaristi che ieri con tutto il Seminario regionale era presenti a Roma. Sono stato per ventidue anni formatore in Seminario e a loro sono particolarmente vicino.

Saluto la presidente della nostra Giunta regionale, il presidente della Provincia, il sindaco di Perugia e li ringrazio per le cordiali espressioni che hanno voluto rivolgermi , che non erano parole di circostanza e riguardavano molti problemi che condividiamo. Saluto anche i sindaci della diocesi, sua eccellenza il prefetto, il questore e tutte le autorità civili, militari, istituzionali di ogni ordine e grado.

Ringrazio i carabinieri che gentilmente mi hanno scortato. Vorrei ringraziare la stampa che mi ha fatto un po’ confondere ma che mi è stata vicina. E poi tutti voi, carissimi fedeli, che già a centinaia ho incontrato ieri a Roma nella chiesa di San Gregorio e nella Sala Nervi. E voi popolo santo di Dio, che il Signore mi ha affidato e di cui porto la gioia e il vanto di essere pastore. A voi ragazzi, giovani, famiglie, sofferenti, dono l’abbraccio del vostro vescovo. Sono il vostro vescovo ma soprattutto sono un battezzato in cammino con voi verso la Casa del Padre. Voi siete la mia famiglia e la mia gioia.

Carissimi fratelli e sorelle, il Santo Padre Francesco nella lettera in cui mi comunicava la mia designazione a far parte del collegio Cardinalizio ha sapientemente messo in evidenza che “il cardinalato non significa una promozione, né un onore, né una decorazione, ma più semplicemente vuol sottolineare un servizio che esige di ampliare lo sguardo e allargare il cuore”. Non si tratta dunque per me di un merito o di un avanzamento di carriera, ma essenzialmente di un nuovo impegno per la Chiesa e l’umanità. Esso ha come unico punto di riferimento e modello Gesù di Nazareth , il quale è venuto in mezzo agli uomini non per farsi servire ma piuttosto per servire e dare la vita. Vedete, carissimi, non c’è altra strada per far carriera agli occhi di Dio. La nostra unica e autentica promozione è quella che più ci fa assomigliare al Signore Gesù: farsi piccoli per gli altro. Proprio per questo Dietrich Bonhoeffer, il grande teologo luterano, morto in un campo di concentramento nazista, scriveva che “la Chiesa deve partecipare agli impegni della comunità umana, non dominando ma aiutando e servendo”.

Ricordo come fosse ora le parole che papa Giovanni Paolo II pronunciò dopo la morte del cardinale Giovanni Benelli, avvenuta a Firenze il 26 ottobre 1982: “Ecco un pastore buono, che ha servito la Chiesa, senza servirsi mai di essa”. Queste parole, pronunciate 32 anni fa, assumono un significato particolare per tutti noi e per la società umana che, come Chiesa, siamo chiamati ad amare e servire.

Purtroppo non è difficile constatare che siamo come circondati da una mentalità individualistica che, come dice Papa Francesco, produce la “cultura dello scarto”, emargina i più deboli, si dimentica di molti e abbandona i poveri. A questa mentalità utilitaristica – sono ancora le parole del Papa – che cancella i piccoli e rimuove lo scandalo della sofferenza, siamo tutti esortati ad apporre una cultura dell’amore e della misericordia. Una cultura che difende la vita e che, soprattutto, ridona ai nostri ragazzi e alle nostre famiglie la speranza del futuro.

“Signore –ha gridato un giorno Francesco d’Assisi – fai di me uno strumento del tuo amore e della tua pace”. Signore – io lo grido a te stasera – aiutami a pascere il gregge che mi è stato affidato, volentieri, con animo premuroso, sapendomi sempre fare modello del gregge!

All’inizio della prima Lettura, che abbiamo ascoltato, Dio esorta il suo popolo dicendo: “Siate santi perché io, il Signore vostro Dio, sono santo”. Che il Signore, nonostante le nostre debolezze, doni a me e a tutti noi pastori quella pazienza, quell’amore, quella lungimiranza che occorrono per poter guidare il gregge che ci è stato affidato. Oggi la Parola di Dio ci invita a guardare grande e guardare lontano.

“Siate santi, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”. E’ un invito che sembra togliere il respiro; eppure chi sa veramente costruire molto nella vita e nella storia sono gli uomini e le donne che desiderano l’infinito. Lo grido oggi: guardate grande e desiderate l’infinito. Lo ripeto fino alla noia soprattutto ai giovani che sono le rondini che volano verso la primavera. Desiderata la perfezione e la santità.

L’Umbria è terra di santi, da Bernardino a Francesco, da Chiara a Rita, da Angela da Foligno a Madre Speranza di Gesù: esempi di perdono, di amore ai nemici, operatori di pace, contemplatori di Dio. Siate perfetti. Diceva sant’Agostino: “Ama e fai quel che vuoi… Se taci, taci per amore; se parli, parla per amore; se correggi il tuo fratello, correggi per amore; se perdoni, perdona per amore. L’amore affonda come una radice nel cuore e da quella radice non potrà che nascere se non il bene”.

La Madonna delle Grazie, cui stasera affido la mia vita, la mia missione di padre e pastore, sia per tutti noi segno di consolazione e di sicura speranza. Amen.

Card. Gualtiero Bassetti

arcivescovo

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