Un’ora e dieci minuti è durata la proiezione di Time, il lungometraggio che Renato Maria Rogari ha girato a Gubbio e proiettato per la prima e forse unica volta al cinema Astra lunedì 10 febbraio. Gremito. “A mia madre”: l’unica scritta, oltre il titolo, apparsa sullo schermo ha suscitato in me (che sua madre l’ho conosciuta) un intenso e rapido moto di commozione.
Time. Per un’ora e dieci minuti sullo schermo è apparsa un’unica immagine, ripresa da un’unica telecamera accesa verso l’alto dalla finestra di una casa che dalla parte superiore di via dei Consoli guarda verso il monte. 365 volte, una al giorno, per soli 20 secondi al giorno, un totale di 7.300 silenziosi secondi. Di volta in volta azionavano la telecamera Pietro e Gianluca, amici di Renato (e miei). 20 secondi ogni giorno, sempre alla stessa ora, verso le 16 o poco più. Niente sonoro; solo, a volte, il brusio che sale dal vicolo sottostante e il rintocco dell’orologio di Piazza grande, quando i suoi rintocchi cadono dentro quei 20 secondi.
Sempre la stessa immagine, quella dell’antica casa eugubina, la casa del defunto pittore Aldo Ajò, su, in alto, appena a fianco e appena sotto la cattedrale. Sullo sfondo la parte orientale del monte Ingino, quattro generici ciuffi di abeti, contestati a tratti dallo svettante torrione di pietra bianca, sopra il quale per un certo tempo appariva uno stendardo che, più che garrire, ballonzolava al vento. Sulla sinistra tronchi d’albero cresciuti in disordine e superfetati da polloni troppo evidentemente nati per caso. Sulla sinistra si affacciava un ramo (olivo selvatico? giunco?) che si muoveva appena nei giorni di vento calmo e sclerava come un pazzo nei giorni di vento forte.
Al centro lei, la bella casa. Facciata triangolare. Coperta di erba rampicante, dalla quale occhieggiano appena le tre finestre del primo piano, le due del secondo, l’unica della soffitta.
All’inizio del film l’erba rampicante era tutta fiorita, un trionfo di giallo rosato da mozzare il fiato. Un autunno di gloria. Poi arrivava l’inverno, i fiori appassivano e morivano, le foglie del rampicante ingiallivano e morivano… una tristezza invadente che riduceva lo scheletro della pianta a una specie di nervatura rinsecchita, di quelle che si vedono sui libri di medicina. Poi iniziava il cammino contrario, fino al pieno recupero di quel trionfo di giallo rosato da mozzare il fiato.
Time. Cos’è il tempo? Aristotele e Tommaso: numerus motus secundum prius et posterius (il conteggio del movimento secondo un prima a un poi): vero, ma solo sul piano funzionale. Kant: il tempo è una delle due entità metafisiche (l’altra è lo spazio) che utilizziamo per organizzare quello che ci consegna l’attività dei nostri sensi. E chi se ne frega.
Time. Il tempo forse è solo questa facciata. Sempre identica a se stessa. Sempre diversa da se stessa.