Matrimoni nulli perché gli sposi non sanno cosa vanno a fare

Il Tribunale ecclesiastico regionale umbro presenta i dati della sua attività

IL Tribunale ecclesiastico regionale umbro inaugura l’anno, giovedì 28 febbraio, ed è forse la prima volta che la prolusione è tenuta non da un ecclesiastico, ma da uno psichiatra, Alvaro Paolacci perito del Tribunale umbro, e un avvocato della Rota Romana, Roberto Palombi. Il tema “Canone 1095: situazione attuale e prospettive, riflessioni medico-giuridiche e pastorali sul problema” è già una indicazione dell’andamento delle cause per il riconoscimento della nullità del sacramento celebrato: il matrimonio. Chi si rivolge al Tribunale ecclesiastico in genere lo fa perché vuole riaccostarsi alla comunione eucaristica. Spesso la coppia è già separata o divorziata e il coniuge che ricorre al Tribunale ecclesiastico risposato civilmente e per ragioni di fede vuole fare chiarezza anche sul sacramento celebrato. Non tutti coloro che con un matrimonio in crisi si rivolgono alTribunale ottengono il riconoscimento della nullità. Nel 2001 su 97 cause 86 si sono chiuse con sentenza di riconoscimento della nullità del matrimonio, una percentuale del 90%, altissima, che si comprende solo se si considerano anche le consulenze gratuite fornite dall’avvocato stabile del Tribunale Giuseppe Carpita. Nel 2001 ha fatto 420 consulenze per 140 casi. Di questi solo 22, il 16%, si sono concluse con la decisione di avviare il processo. Il servizio di consulenza offre a chiunque lo desideri la possibilità di valutare la propria situazione. Sono colloqui in cui le persone si mettono a nudo, si conoscono le sofferenze e le difficoltà umane e spirituali e si impara a vedere con minore intransigenza le situazioni. Lo ripete più volte Carpita, ricordando la propria reazione quando svolgeva l’incarico di Difensore del vincolo e a prestare il servizio di consulenza, ogni giorno, era p.Giovanni Benedetti, morto nel marzo scorso. Ora Carpita comprende meglio la grande comprensione che mostrava p. Benedetti verso le debolezze e le fragilità delle persone che si rivolgevano a lui. Nella fase di consulenza prima di tutto viene verificato se c’è una rottura definitiva del rapporto coniugale, una separazione o un divorzio civile. Quando si nota che c’è ancora incertezza, non tanto sulla validità o meno del sacramento celebrato, quanto sulla volontà di rompere il rapporto, l’avv. Carpita propone di fare chiarezza nella coppia suggerendo, se del caso, il servizio del consultorio cattolico. Non accade spesso, ma in alcuni casi la coppia ha deciso di non separarsi. La verifica della non validità del matrimonio viene fatta solo se la rottura è definitiva. E’ a questo punto che con una serie di indagini il Tribunale deve accertarsi se il matrimonio celebrato manca dei requisiti che lo rendono valido. “Si parte sempre dal presupposto della validità del matrimonio” celebrato secondo il rito cattolico, spiega Carpita, quindi si deve verificare se nella celebrazione sono state rispettate non solo la forma ma anche la sostanza di quanto celebrato. Ed è in questa verifica che il caso del Canone oggetto della prolusione ha assunto sempre maggiore rilievo in questi ultimi anni. Il Canone 1095 del Codice di diritto canonico è quello che definisce il caso di persona “incapace” a contrarre il matrimonio: “coloro che mancano di sufficiente uso di ragione” (par. 1), “coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali” (par.2), “coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio” (par. 3). La ragione che ha portato alla scelta dei questo tema è presto detta: nell’ultimo anno su 128 matrimoni riconosciuti nulli per 48 è stata accertata l’incapacità di cui parla il canone 1095 ai paragrafi 2 e 3. Un dato in aumento, che ha superato i casi di esclusione della indissolubilità del vincolo (31) e quelli di esclusione della prole (43). In questa situazione il contributo dei “periti”, psicologi e psichiatri, è sempre più necessario per l’espletamento della causa. Il loro compito, spiega l’avvocato stabile del Tribunale, Giuseppe Carpita, è quello di offrire ai giudici (tutti ecclesiastici) elementi per la valutazione della persona. “Non serve conoscere la piena maturità, che sarebbe anche difficile da definire, ma è sufficiente la ‘discrezione di giudizio’ richiesta dal Codice, ovvero la capacità di capire e volere ciò che si va a celebrare”. Non si tratta di fare valutazioni della fede delle persone, osserva Carpita, cioè non si giudica se e quanto i coniugi credono in Dio. E’ una valutazione che si svolge sul piano umano poiché il consenso è un atto umano composto da due elementi: intellettivo, cioè la possibilità di conoscere e valutare ad esempio il fatto che il matrimonio è un rapporto esclusivo e indissolubile tra due persone di sesso diverso;valutativo, ovvero valutare se quella unione concreta risponde al mio e suo bene. Il Tribunale con l’aiuto dei periti deve valutare se ci sono difetti di personalità o problemi comportamentali che abbiano portato ad una grave mancanza di “discrezione di giudizio”. Sono pochi i casi patologici. Per la maggior parte si tratta di persone apparentemente normali e non fa differenza il livello sociale o culturale (possono essere operai, impiegati, commercianti, imprenditori ma anche casalinghe o liberi professionisti). Varia è anche la durata della convivenza: in 13 cause è finita entro il primo anno, in 17 nell’anno successivo, 11 nel terzo anno, 19 tra il quarto e il quinto, 21 hanno convissuto tra i cinque e dieci anni e in 16 cause la convivenza è durata più di dieci anni con casi di venti o trenta anni di convivenza alle spalle. Impotenza affettiva nelle giovani coppieIl record di durata di matrimonio? Al Tribunale ecclesiastico è di un mese. E dire che erano fidanzati da molti anni e che non avevano segreti dato che già vivevano come marito e moglie. Non cercate di riconoscerli, perché il caso è solo il risultato di tanti. L’esperienza del Tribunale ecclesiastico regionale umbro porta in evidenza un fatto: il matrimonio (che sia civile o religioso qui non incide molto) fa la differenza nella vita di coppia. Lunghi fidanzamenti e rapporti prematrimoniali di lunga data non garantiscono la riuscita, non costituiscono ‘prova’, si potrebbe dire. Perché? “Quando il rapporto di coppia si carica di responsabilità il rapporto stesso cambia” un fatto che per l’avv.Carpita dimostra quanto l’insegnamento morale della Chiesa sia davvero frutto di profonda conoscenza della nostra umanità e non freddo e imperioso moralismo fine a se stesso. Ed è così che in gran parte dei casi di rotture del matrimonio si hanno problemi di sessualità.Incredibile in questa società del libero sesso! Capita che dopo il matrimonio uno dei coniugi soffra d’improvviso di “impotenza affettiva”, che è impotenza sessuale ma anche incapacità di vivere l’intimità del rapporto affettivo: classica la scena di lui che dorme davanti alla televisione. Molte coppie vanno in crisi quando si trovano a vivere una relazione interpersonale impegnativa, non più diluita nello spazio e nel tempo. E’ un dato sociologico che conferma la fragilità delle nuove generazioni cresciute in una cultura che non aiuta ad affrontare la vita.E per la Chiesa si pone di nuovo il problema di quale pastorale, di quale preparazione chiedere prima del matrimonio in Chiesa. Non sono sufficienti, né nella quantità né nella qualità, i corsi di preparazione al matrimonio che tutte le coppie seguono prima di pronunciare il fatidico sì davanti al prete. Il Tribunale ecclesiastico: un servizio per i fedeli accessibile a tuttiIl Tribunale ecclesiastico regionale umbro esiste dal 1938. Sono quindi ben 64 anni che la “Sacra Rota” romana non è più l’unico tribunale competente per il riconoscimento di nullità dei matrimoni cattolici. Una precisazione che l’avvocato “stabile” del Tribunale Giuseppe Carpita, tiene a fare per chiarire le voci che continuano a definire il riconoscimento di nullità dei matrimoni come un privilegio riservato solo a chi se lo può permettere economicamente. Anche sul fronte dei costi, aggiunge Carpita, dal 1998 ci sono precise direttive della Conferenza episcopale italiana nelle quali sono stabilite sia le spese processuali per l’introduzione della causa e il processo di primo grado presso il Tribunale, sia l’onorario minimo e massimo dell’avvocato per il processo di primo grado e d’appello. Al tribunale, dunque, vanno versati 414 Euro; all’avvocato spetta un onorario di patrocinio nel processo di primo grado e nel processo d’appello, compreso tra un minimo di 1.330 Euro ed un massimo di 2.660. Se poi il soggetto non è in grado di affrontare tali spese ha sempre la possibilità di chiedere al Tribunale il “gratuito patrocinio” (un avvocato pagato dal Tribunale) e l’esonero dalle spese processuali. Il Tribunale offre anche un servizio gratuito di consulenza che era svolto da padre Giovanni Benedetti con grande disponibilità e umanità. Dalla morte di p. Giovanni il servizio è stato affidato all’avvocato Giuseppe Carpita. Il senso di questi provvedimenti è di ribadire che il riconoscimento della nullità del matrimonio prima ancora che essere un fatto giuridico è un fatto pastorale, di attenzione della Chiesa verso verso le persone. Le difficoltà economiche non possono essere un ostacolo al diritto di veder riconosciuto la inesistenza del sacramento del matrimonio. Il Tribunale Ecclesiastico regionale umbro è presieduto dal Moderatore, l’arcivescovo di Perugia mons.Giuseppe Chiaretti. Fanno parte del Tribunale il vicario giudiziale, mons.Pierluigi Rosa, e don Pietro Vispi (vic. giud. aggiunto); il Promotore di giustizia, don Francesco Buono, tre Difensori del vincolo, due Uditori, il Cancelliere don Rino Valigi, tre Notai, nove Giudici, un Avvocato stabile, Giuseppe Carpita.

AUTORE: Maria Rita Valli