Nocera festeggia il suo ‘francescano’ patrono Rinaldo

NOCERA UMBRA. Festa del santo patrono, presente mons. Domenico Sorrentino
Un momento della celebrazione, nella cattedrale di Nocera Umbra, per il patrono San Rinaldo
Un momento della celebrazione, nella cattedrale di Nocera Umbra, per il patrono San Rinaldo

Il vescovo mons. Sorrentino ha celebrato nella cattedrale di Nocera Umbra la ricorrenza del santo patrono Rinaldo. Presenti il Sindaco, il comandante della stazione carabinieri, del locale comando della Guardia forestale e del presidio dei vigili del fuoco. La celebrazione è stata animata dalla corale Santa Cecilia. Nel corso della cerimonia si è rinnovato il tradizionale dono, da parte dell’Amministrazione comunale, del cero votivo al patrono. La liturgia è stata inoltre arricchita dalla confraternita di San Rinaldo impegnata, come di consueto, nel servizio liturgico e nella pastorale. Al termine del pontificale tutte le autorità religiose, civili e militari si sono ritrovate presso l’ex Seminario nocerino per il consueto pranzo offerto dalla parrocchia. Le celebrazioni hanno avuto avvio con la novena di preparazione che è stata curata, ogni sera, da una delle parrocchie della Vicaria nocerina, proprio a simboleggiare l’unità dell’intero territorio attorno al patrono Rinaldo. Il Santo nocerino è vissuto sempre nel rispetto delle rigide regole monastiche anche dopo l’elezione a vescovo; costantemente attento agli ultimi, verso i quali orientava ogni risorsa. Un rigore e uno stile analoghi a quelli del contemporaneo san Francesco con il quale, nella sua veste di vescovo, si ritrovò ad Assisi nel 1216 quando fu dedicata la chiesa della Porziuncola. Emblematico l’episodio che vide il vescovo Rinaldo “adottare” un giovane orfano, privo di sostentamenti e allontanato da tutti. Lo portò in episcopio e si prese cura di lui. Quando fu grandicello, narra la leggenda, gli fece mettere al collo una bisaccia e ogni giorno lo faceva andare alla sua mensa a chiedere l’elemosina prima per sé e poi per i suoi commensali, chierici e laici, dicendo: “Fate l’elemosina me poverissimo, per amore di Dio e della beata Vergine Maria”. Faceva questo perché fosse sempre presente a tutti il ricordo di Cristo povero e per ricordare che nel prossimo, nel povero, nel malato, nell’ultimo, si serve Gesù Cristo. Un rigore che san Rinaldo riservava anzitutto a se stesso, evitando accuratamente anche di dormire nel comodo letto preparatogli e preferendo sempre trascorrere le sue notti in lunghe veglia in preghiera o coricandosi sul duro pavimento. Un messaggio ancora attuale, uno stile di vita accoratamente richiamato da Papa Francesco che, anche in occasione della sua visita ad Assisi, non ha mancato di ricordare e che è tutto racchiuso nella sua frase “Vorrei una Chiesa povera tra i poveri”.

Peripezie dell’urna

Nel 1248 la cattedrale fu distrutta da Federico II; l’urna con le spoglie del Santo fu miracolosamente ritrovata nel 1387 e traslata nella provvisoria chieda di S. Maria Vecchia. Nel 1487 tornò nella ricostruita cattedrale. Nel 1579 fu collocata sotto l’altare maggiore. A seguito del sisma del 1751 venne poi spostata presso la chiesa di San Francesco. Tornò in cattedrale nel 1816. Nel 1997, a seguito del sisma, venne collocata nella struttura provvisoria in loc. San Felicissimo. Il 14 agosto 2012 ha fatto nuovamente ritorno sotto l’altare maggiore.

 

 

 

AUTORE: m.b.