“Va quindi disposta l’archiviazione, come richiesto dal pubblico ministero, poiché le notizie di reato da cui sono scaturiti i procedimenti riuniti sono risultate infondate e, comunque, non sono emersi elementi sufficienti e idonei per sostenere l’accusa in giudizio in ordine ad alcune delle ipotesi di reato prospettate”.
È un passo della sentenza emessa il 22 gennaio dal giudice Lidia Brutti del tribunale di Perugia che mette la parola fine sul caso giudiziario che aveva coinvolto il secolare monastero “Buon Gesù” delle Clarisse Cappuccine Sacramentarie di via Perugina. Le suore, difese dall’avv. Ubaldo Minelli, erano state chiamate a rispondere di comportamenti e accuse risultate prive di fondamento, compreso il furto di gioielli per un valore di oltre un milione di euro. All’archiviazione, richiesta al termine della fase istruttoria dal pubblico ministero Mario Formisano, si era però opposto il difensore della parte civile, Carlo Taormina. L’opposizione era stata esaminata dal tribunale nella seduta dello scorso 10 gennaio, sfociata nella sentenza emessa dalla dott.ssa Brutti.
Un successo, insomma, per le religiose e il loro legale di fiducia, anche se arrivato al termine di un cammino che ha provocato non poche sofferenze.
Questa la cronistoria in sintesi. Nella notte del 2 giugno 2008 due converse, Maria Soledad, spagnola, e Alicia Munoz, colombiana, ritenute – al termine del percorso – non idonee alla vita religiosa, decisero di fuggire dal monastero insieme alla suora che le aveva seguite nel loro cammino, suor Chiara (Maria de Jesus).
Quel “no” pronunciato dai superiori, mai digerito, è sfocato il 10 giugno 2009 in una denuncia presentata alla stazione carabinieri di Roma Prati con l’assistenza del prof. Taormina, amplificata da taluni media a livello nazionale. Tra le varie accuse, talune di sfondo pruriginoso e dai contorni di mobbing, la mancata restituzione di gioielli per un valore di un milione di euro (tre crocefissi e altrettante catene d’oro, cinque medaglie della Madonna tempestate di preziosi, 12 collane e braccialetti, 21 anelli, tre orologi, altri sette braccialetti).
Ora tutto resterà un ricordo, anche se sgradito e restituisce al monastero – fondato nel 1559, rilanciato anni fa dall’arrivo dall’America Latina di un nucleo di suore “sacramentarie” perfettamente inseritesi – quella dimensione di profonda spiritualità nella quale è stato da sempre immerso.