A Natale nessuno si sottrae al desiderio di scambiare auguri e regali con le persone amiche e a fare festa ai bambini con il solito contorno di alberi e luci. E spesso tutto finisce lì. Ma dopo l’11 settembre qualcosa sembra cambiato. Sono aumentati i presepi nelle vetrine dei negozi e nelle case ed è cresciuta l’attenzione e la cura per le nostre cose, le nostre tradizioni. Molti incominciano a sentire un certo scricchiolio sotto i piedi, avvertono il pericolo di perdere la sicurezza del proprio status culturale, in seguito alle richieste apparse qua e là di togliere i crocefissi e di non fare i presepi nelle scuole. I laicisti secolarizzati considerano le tradizioni religiose come “favole”, ma “nostre” e pertanto comunque da conservare e difendere. Un punto di vista culturalmente debole, come il pensiero debole e la morale debole e tutto debole e relativo, soggettivo e contrattabile nel mercato del consumo di oggetti materiali e di valori. La propria cultura è considerata come un vestito che pur leggero lo si tiene stretto per non farselo strappare via da qualcuno. Altri popoli e gruppi umani considerano la propria cultura e soprattutto la religione una “pelle” e come tale nessuno accetta di perderla e di farsi scorticare. Da questi sentimenti complessi e confusi, nella situazione del pluralismo “selvaggio” presente nei paesi occidentali, è facile assumere atteggiamenti di rassegnazione fatalistica o di reazione violenta che si può tradurre in quello che è stato chiamato lo “scontro di civiltà”. In questo scontro, subdolamente e crudelmente in atto nel mondo, si rischia di perdere il significato del Natale, quasi fosse un simbolo di parte. Gesù è venuto per la vita del mondo (“Pro mundi vita” Gv 6,52), per tutti gli uomini, per realizzare un regno universale di giustizia e di pace. Il Natale è l’alba di un mondo nuovo, di una nuova storia. Il principio della rigenerazione per una nuova umanità. Per questo invitiamo a guardare con occhi nuovi il presepio e riconsiderare la storia del mondo alla luce della Natività. Vorremmo augurare a tutti, anche ai non credenti, di riconoscere nel presepio l’immagine di un’umanità che ricomincia e di una storia che riparte. Il cristianesimo è la religione dell’incarnazione del Verbo, della storia di Dio che si intreccia con la storia degli uomini e la sospinge verso la novità, la nuova alleanza, nuovi cieli e nuova terra, con la fiducia che è possibile un nuovo inizio. Le tragedie di questi tempi e l’afflizione di molti popoli, nella prospettiva del Natale, possono essere letti come segni e richiami forti a vivere con maggiore attenzione, riflessione, profondità, il tempo della storia presente, lasciando che la luce, “la luce che viene tra le tenebre”, simboleggiata dalla stella dei Magi, la illumini e la trascini fuori dalla catastrofe e dall’ombra della morte, e diriga i passi degli uomini sulla via della pace. Il presepio per noi e per l’intera umanità è, vuole essere, e auguriamo che sia, un gioioso messaggio di speranza. Buon Natale!
Nel presepio rinasce la speranza del mondo
IN QUESTO "DOPO 11 SETTEMBRE" IL NATALE CHE SI CELEBRA SEGNA UN RITORNO ALLA TRADIZIONE
AUTORE:
Elio Bromuri