La notizia appresa ascoltando la rassegna stampa che Padre Livio fa a Radio Maria, il 10 scorso, è che una setta satanica ha proposto di costruire un monumento a Satana nella città di Oklahoma City negli Stati Uniti. La statua dovrebbe essere posta accanto al monumento ai Dieci comandamenti. Non avrei dato troppa importanza a questa notizia perché a satana non bisogna dare voce né metterlo in pagina. Mi sono però ricordato che Carducci a suo tempo aveva scritto un Inno a satana. Pensavo di dover polemizzare con gli americani e invece noi li abbiamo preceduti in qualche modo. Sono poi andato a vedere ed ho notato che c’è qualche buona differenza. L’inno di Carducci non ha nulla di veramente satanico in senso religioso. È piuttosto un inno alla ribellione, al progresso, al libero pensiero in un periodo di rivoluzione politica e culturale in pieno Risorgimento carico di anticlericalismo. In altre poesie, come nel Canto dell’amore (1877), così amato dai perugini, Carducci si dichiara riconciliato con “le Madonne che vide il Perugino” teneramente descritte con il Bambino in braccio e disposto persino a brindare con il papa. A parte tale confronto che potrebbe svilupparsi per le lunghe, la cosa è seria: il segnale di una deriva diffusa che comporta una serie di abbandoni della dimensione trascendente della divinità. Anche se movimenti culturali di questo genere sono vecchi e secolari ogni tanto affiorano con evidenza ed hanno una risonanza maggiore. Possono essere collegati con una ripresa del fenomeno religioso che dal settecento in poi si riteneva in fase di estinzione. Quelli che pensavano di aver archiviato le religioni nel museo delle superstizioni si trovano spaesati e ritirano fuori vecchie teorie rispolverate nelle quali si propone una morale senza fede, una fede nell’umanità senza la divinità, una religione atea, dei riti senza grazia, delle chiese come luoghi di ricarica psicologica. L’ultima e più suadente ipotesi è stata ipotizzata per il futuro nel convegno di fine novembre sul “Custodire l’umanità” dal filosofo Salvatore Natoli. Trattando di secolarizzazione e di globalizzazione, ha posto l’accento sulla trasformazione delle religioni e ha descritto il fenomeno dei tanti islamismi, dei tanti buddismi, delle tantissime forme di cristianesimo e delle altre denominazioni religiose. In questa prospettiva, a suo avviso, si va configurando una progressiva perdita del senso della trascendenza. La questione su Dio perde di rilevanza e ciò che rimane è un cristianesimo in cui predomina la giustizia, la carità, la misericordia, la vicinanza al povero, al malato. Dio è là dove è la carità. Questo ragionamento ci porta a dire che dalla lotta contro Dio in nome di satana, alla morale senza fede, alla religione senza Dio, si giunge ad un cristianesimo anch’esso lontano da ogni riferimento a Dio, alla sua rivelazione, al suo dono, esaurendo il mistero cristiano nella dimensione sociale che sfocia in una forma di etica e politica della felicità. Questa deriva è attraente e scivolosa e porta a considerare Dio un nome privo di senso o un semplice aggettivo, come quando si dice “una giornata o una giocata da dio”.
Nel nome santo di Dio
AUTORE:
Elio Bromuri