Non è stato un convegno semplice da raccontare, né svolto su piste risapute. Il “Custodire l’umanità” che è il titolo principale è inusuale e ha avuto bisogno di spiegazioni da parte dei relatori. La prima di queste è stata data dal card. Bagnasco che si è servito della parabola del buon samaritano per dare fondamento evangelico a tutta la riflessione. Nella parabola è racchiusa tutta la ricchezza del prendersi cura della persona colpita dai briganti. Non è un semplice atto di pietà ma un’assunzione di responsabilità che dura nel tempo e conduce a una piena guarigione della vittima.
Questa luce ha dato modo di fare una certa unità nei discorsi successivi, che hanno posto in evidenza chi siano e che cosa rappresentino questi malfattori che feriscono l’umanità. Sono situazioni di peccato, di malvagità, ingiustizia, ma anche strutture di peccato, errori di calcolo sul piano economico, mancanza di ricerca della verità e del bene comune nella cultura e nella politica.
Ci si è domandati che cosa rappresenti in questo contesto il processo di secolarizzazione e di globalizzazione (Forte – Natoli) e che cosa si possa fare per rendere trasformare cambiamento, inarrestabile dal punto di vista storico, in presa di coscienza e di consapevolezza che aiuti ad avere fiducia nel futuro e a dominarlo a favore dello sviluppo umano (Magatti, Fabris, Bruni).
Questa umanità, inoltre, è da osservare e ricercare non nei salotti buoni della borghesia scettica, ma nelle “periferie esistenziali”, dove soffre per emarginazione, solitudine, miseria e perdita di speranza e soprattutto, in particolar modo tra i giovani, perdita del senso dell’esistenza.
L’indirizzo che è venuto in questo ambito da Natoli, che si è dichiarato non credente, è quello del ripiegamento sulla dimensione caritativa, il Jesus Caritas che sarebbe il vero unico dogma di fede cattolica, realmente e concretamente vissuto e da vivere. Ciò rappresenterebbe la riscoperta dell’altro senza bisogno dell’Oltre né dell’Altro con A maiuscola. Una religione trasversale che abbraccia tutte le religioni e le culture, e sulla quale si può costruire una grande alleanza per custodire l’umanità e trarla fuori delle periferie esistenziali dove soffre di solitudine.
L’indicazione delle periferie esistenziali figurava come sottotitolo del convegno stesso ed era indubbiamente pensato per evitare di cadere nel rischio tipico dei convegni di studio, che è quello di vagare nelle sfere della accademia intellettuale, per andare invece a vedere nella storia concreta delle persone e dei popoli.
Per questo vi sono stati anche riferimenti alla situazione politica italiana (Galli della Loggia – Giovagnoli) e internazionale, alla ricerca di nuove strategie di pace (Jenkins, Vaccari, Burigana) con l’interessante e problematico intervento di mons. Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo dei Latini in Siria, che ha testimoniato sulla situazione di quel disgraziato Paese in guerra civile. Ha detto che in Siria non è in atto una guerra dei musulmani contro i cristiani, ma tra musulmani e frange estremiste di Al Qaeda.
La categoria generale che, come si può ben capire, è stata nel sottofondo di ogni discorso è quella della crisi nei suoi vari aspetti: crisi di modelli, ma epocale, inedita, globale nella quale convergono una molteplicità enorme di fattori (Scaraffia, Volpi, Pessina).
Era incombente la tentazione al pessimismo alla denuncia. Non è stato così. Gli stessi oratori che ne hanno parlato hanno prefigurato, oltre le utopie, che sono fallite, nuove prospettive di superamento degli ostacoli.
La tentazione del pessimismo è stata abbondantemente e anche realisticamente superata da messaggi di speranza cristiana e annunciata nella conclusione di mons. Bassetti, e anche da analisi fenomenologiche di presenza di aperture alla speranza riscontrabili anche lì dove sarebbe impensabile trovare, come nell’arte del Novecento e nella tecnica della prospettiva (Verdon, Givone).
L’ambiente del teatro Lyrick ha dato il segno di un evento laico e libero, aperto e senza censure di sorta. Gli interventi dei vescovi Sorrentino e Cancian, con brevi, lucidi e alti interventi, hanno messo il segno dello “spirito di Assisi” e della poetica e mistica francescana, alla quale hanno dato voce e significati.