Una situazione difficile mi ha dunque convinto a lasciare a don Vinicio Albanesi la presidenza della Comunità di Capodarco dell’Umbria, non senza un esame di coscienza che spero serio. Quando una situazione diventa difficile è giusto, e intelligente, e doveroso che chi ne è stato il responsabile primo si domandi se e in quale misura quella situazione difficile sia imputabile a degli errori suoi.
Riflettendo onestamente mi pare di averne commessi due, di errori. Madornali.
Il primo è stato quello di aver concesso a tutti, in maniera scriteriata, la qualifica di socio. Senza criterio. O con un criterio talmente sbrindellato da non servire a nulla. Il criterio è un principio in base al quale si valuta, si giudica, si sceglie. Una rete da pesca che, se vuol tirare su orate e branzini, non può avere maglie talmente larghe da far passare un bue maremmano con tanto di corna.
La mia comunità trova la sua ragione sociale (art. 2 dello Statuto) nel perseguimento dello sviluppo integrale della persona, con particolare attenzione agli emarginati. Spesso gli emarginati, anche in certe comunità promosse da questa o quella Caritas, vengono accolti e custoditi, pasciuti e pettinati, e tutto finisce lì. Noi vorremmo lavorare a rimuovere ogni ostacolo al pieno sviluppo della loro personalità, …. a promuovere la loro effettiva partecipazione democratica alla vita sociale, … lottando contro ogni forma di emarginazione. È grazie a questo che la Comunità per la matrice cristiana di parte dei suoi membri e per l’esperienza di servizio all’uomo di tutti i suoi membri è luogo di incontro e di confronto fra quanti, pur variamente ispirati sul piano ideologico e culturale, ne condividono lo spirito e l’impegno vitale. Strumento primo che (art.3) viene proposto a tutti e imposto a nessuno, collaborare, in modo tutto particolare con la Chiesa locale, per incrementare, all’interno di essa, la dimensione di liberazione personale propria del Cristianesimo.
In relazione a queste finalità il socio (art.5) si definisce come una persona maggiorenne che della comunità condivide lo spirito e le prassi, si impegna a perseguire attivamente i fini associativi. “Idem velle, ide nolle!”, OK: condividere sia gli obiettivi che rifiuti, certo, ma non basta, perché la comunione e la condivisione degli ideali e della vita pratica costituiscono caratteristica peculiare dei membri della Comunità di Capodarco dell’Umbria. Per cui, una volta sottoscritto lo statuto, il socio mostra disponibilità concreta e continua ad accollarsi realisticamente situazioni di bisogno, partecipa alla vita dei gruppi, collabora ai progetti di vita e di lavoro che i gruppi portano avanti, impegnando, in ogni caso, un qualcosa della propria vita e del proprio quotidiano.
Rete a maglie strette. Ma io ho permesso che l’attraversassero sontuosi buoi maremmani con le corna spiegate. Ho concesso la qualifica di socio a chiunque l’ha chiesta. Primo errore madornale.