Così Narni è diventata Narnia

Intervista a un’esperta internazionale sull’origine della località in cui sono ambientate le “Cronache” di C. S. Lewis
“Il ponte di Narni” dipinto da Corot (1826)
“Il ponte di Narni” dipinto da Corot (1826)

La cittadina di Narni ha puntato al rilancio turistico anche approfittando della notorietà delle Cronache di Narnia di C. S. Lewis, riportate in auge a livello internazionale da una serie di film. Ma è davvero lecita questa ascendenza umbra dei libri di Lewis? Perché il grande scrittore cattolico irlandese avrebbe dovuto venire ‘qui’ a pescare le sue etimologie? Lo chiediamo alla prof.ssa Salwa Khoddam, americana di origini libanesi, nonché una delle massime esperte mondiali dell’opera di Lewis. Khoddam è autrice del documentatissimo saggio Mythopoeic Narnia che si sta cercando proprio adesso di tradurre per l’Italia.

Nel suo libro chiarisce l’origine di molte località del ciclo di Narnia: Charn, Cair Paravel… e Narnia?

“Buona domanda. È vero, nel libro questo non c’è perché non è un nome collegato ai temi in esame, diversamente da Cair Paravel e Charn che rappresentano i due modelli di città in senso agostiniano, ossia la Città di Dio e la Città di Satana. Ma i lettori italiani saranno ben felici di conoscere l’origine del nome Narnia come risulta da ciò che Lewis disse a Walter Hooper, suo ex segretario e poi biografo. Mentre studiava i classici tra il 1914 e il ’17, Lewis si imbatté in un ‘Piccolo atlante della classicità’ compilato nel 1904 da G. B. Grundy; lì trovò una vecchia mappa dell’Italia in cui compariva anche il nome di Narni. Quel suono gli piacque e gli rimase impresso in mente per tutto quel tempo [le Cronache di Narnia risalgono agli anni ’50, ndr]. Hooper riportava anche che a Narni c’era una chiesa romanica che conserva i resti della beata Lucia, ed è possibile che questo abbia suggerito allo scrittore il nome di Lucy, uno dei principali personaggi delle Cronache”.

Lewis era cattolico ‘militante’. Il suo leone Aslan (cioè Cristo) è caratterizzato da grande dolcezza ma anche durezza. Nel suo saggio però sembra emergere solo il primo aspetto…

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Il libro di S. Khoddam

“La mia fede cristiana si fonda sulla speranza e la salvezza portate da Cristo, quindi probabilmente tendo a focalizzare l’attenzione su questi aspetti; in questo senso, è una scelta personale. Tuttavia, sono convinta al cento per cento che anche il cristianesimo di Lewis fosse basato su speranza e ottimismo. Nelle Cronache di Narnia vengono fortemente sottolineate la fraternità e la cura di Aslan nei confronti dei bambini, molto di più della sua severità. Ogni volta che appare il Leone, spuntano i fiori, sorge il sole, si scioglie la neve, i cattivi vengono sconfitti; ogni storia finisce in festa. Per quanto siano potenti la Strega Bianca, Jadis o la Strega Verde, alla fine vengono tutte eliminate, e ciò grazie all’aiuto di Aslan. Anche quando i piccoli protagonisti moriranno [in un incidente ferroviario] sulla terra, verranno trasportati nella Vera Narnia, che è la Realtà di Cristo. Ma, secondo Lewis, anche in questa vita possiamo essere uniti a Dio, per quanto in forma limitata, in quella sorta di theosis, divinizzazione, di cui parlo più volte nel libro. L’unica occasione in cui Lewis sperimentò rabbia e frustrazione nei confronti di Dio fu nel Diario di un dolore, scritto dopo la morte della moglie Joy, nome che significa ‘Gioia’. Se c’è un tema che percorre tutte le Cronache di Narnia, anzi tutte le opere di Lewis, è proprio quello della gioia, nel senso della Sehnsucht tedesca (nostalgia), che sta a fondamento dell’intera esistenza. Lewis sa ispirare tanti lettori soprattutto perché presenta un Dio amoroso, non punitore”.

AUTORE: Dario Rivarossa