La notizia era trapelata appena tra i miei, ed era vera: senza il parere previo di nessuno, ho scritto a Papa Francesco: il 28 maggio, quando ormai era ufficiale, per il 4 ottobre.
Gli ho scritto come si scrive a un fratello maggiore, investito dell’unico potere che nella Chiesa ha un senso: il servizio. Un termine che lui usa moltissimo. In una sola frase della sua omelia del 19 marzo ha usato quella parola quattro volte, ridisegnandone le caratteristiche essenziali: “Il Papa, per esercitare il suo potere, deve entrare sempre più in quel servizio che ha il suo vertice luminoso sulla Croce; deve guardare al servizio umile, concreto, ricco di fede […]. Solo chi serve con amore sa custodire!”. Eccoli, i nuovi tratti caratteristici del servizio petrino: la Croce al vertice, la concretezza innervata di fede nella prassi di ogni giorno, un’amorosa accettazione servile della voce di tutta la Chiesa come fattore essenziale dell’autentica tradizione.
Prima l’ho ringraziato per tutto quello che fa e insegna, poi mi sono presentato: un piccolo prete, quasi suo coetaneo, incardinato della più piccola diocesi d’Italia; dove il suo Santo ammansì un lupo che forse non era un lupo, ma un uomo reso feroce e assassino dalla vita, e per questo meritava di essere emarginato.
Poi l’ho invitato a venire a visitare le diverse comunità di accoglienza, tra le quali, se possibile, anche quella nella quale io vivo.
Caro Papa Begoglio, nelle comunità che dell’accoglienza concreta del debole concreto hanno fatto l’istanza fondamentale della propria vita incontrerai quei poveri che non potrai incontrare né al Sacro Convento, nel cuore profondo del quale dorme Francesco in una gabbia di pietra e di ferro, né a Santa Maria degli Angeli, dove la chiesina del IV secolo in cui Francesco fece la scelta del Vangelo sine glossa, dove Chiara si consacrò per sempre a Dio, è stata incapsulata in una struttura solida ed elegante, e tutt’intorno è cresciuta una basilica grande come il mondo.
Però i poveri sono altrove, accolti in tante piccole unità abitative sparse nel territorio, anche qui da noi, a Gubbio, dove abbiamo tentato di vivere non semplicemente per loro, ma con loro. Ci siamo riusciti solo in minima parte. Non demorderemo, anche se siamo molto stanchi.
E ci gioverà molto l’incoraggiamento di Giorgio Mario Bergoglio, Vescovo di Roma e Papa della Chiesa Cattolica. Vieni! Ti baceremo la mano. Pregheremo per te e con te, perché soffi anche qui quel soffio dello Spirito che ti ha portato lassù, in alto, a gioia ed edificazione di tutti.
Beh, anche io, senza dirlo a nessuno, sino ad ora, ho scritto al Papa. Ma, sicuramente la mia lettera sarà finita in un cestno dei “controllori” ., assieme a chi sa tante altre.