I detenuti in Italia non sono “troppi”

Ma è proprio vero che i detenuti nelle carceri italiane sono troppi? Sicuramente sì, se si guarda agli spazi e ai servizi a disposizione, e alle regole che dovrebbero garantire anche al detenuto condizioni di vita non diciamo confortevoli, ma appena decenti. Ce ne sono circa 60 mila, non dovrebbero essere più di 40 mila. Da qui l’esigenza di liberarne un numero adeguato. Sacrosanto, perché i diritti fondamentali della persona umana (delinquenti compresi) vengono prima di tutto. Però, da un altro punto di vista, è come dire che, poiché non abbiamo soldi per le carceri, si rinuncia a punire i delitti. Paradosso per paradosso, è come se si dicesse che far funzionare le scuole e pagare gli insegnanti costa troppo, e allora il diploma della scuola dell’obbligo si dà a tutti con un solo anno di frequenza. Le carceri sono sovraffollate, ma solo perché sono poche, malfatte e maltenute; non perché le nostre leggi siano troppo severe. A volte lo sono e in modo anche insensato, ma generalmente parlando è il contrario. Basti pensare che, se la condanna da scontare non supera i tre anni (anche come residuo di una pena già espiata in parte), il condannato può chiedere, e normalmente ottiene, di sostituirla con un affidamento ai servizi sociali (che come pena è solo simbolica). Ma una condanna a non più tre anni è il punto di arrivo dell’applicazione di una serie di attenuanti, patteggiamenti e benefici vari, per cui entro questo limite possono rientrare reati come il furto, la truffa, molti casi di rapina, lo spaccio di stupefacenti, gli omicidi colposi per incidente stradale, e via dicendo. Altro che “certezza della pena”! C’è una larga fascia di criminalità che opera con la certezza che non ci sarà alcuna pena. Per superare tutto questo, si dovrebbero spendere somme enormi nelle carceri per renderle più umane e anche più capienti. Ma i soldi non ci sono. Così si torna sempre allo stesso punto: il dissesto finanziario dello Stato italiano, provocato da decenni di governo scriteriato (e dal parassitismo di interi gruppi sociali) ci impedisce di essere un Paese civile. Qualcuno protesta contro quella che chiama la dittatura dell’economia, e contro “il partito delle tasse”. Ma nel mondo di oggi, se non rispetti l’economia, non fai nulla.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani