Nella Leggenda perugina, al n. 69, è narrata la discussione di Francesco con un ministro che aveva il rimorso di tenere con sé molti libri, cosa proibita dalla Regola. Infatti in un capitolo, citando il Vangelo, era scritto: “Non porterete nulla nel vostro cammino” (Lc 9,3). Al confratello Francesco disse: “Il mio pensiero è che i frati non dovrebbero avere che la tonaca e la corda e le brache, come prescrive la Regola, e le calzature per quelli che sono stretti da necessità… Fratello, non posso e non devo andare contro la mia coscienza e contro l’osservanza del santo Vangelo da noi professata”. Ma vedendolo abbattuto, e intendendo nella persona di lui rivolgersi a tutti i frati, seguitò: “Voi, frati minori, ci tenete che la gente vi consideri e chiami osservatori del Vangelo, ma in realtà volete conservare la vostre ricchezze!”. Narra sempre la Leggenda perugina che i ministri dell’Ordine tolsero dalla Regola la frase che secondo loro non era possibile osservare: “Non porterete nulla nel vostro cammino”. Conoscendo Francesco questa soppressione, manifestò tutto il suo zelo per la povertà, e in presenza di alcuni suoi seguaci disse: “Credono i frati ministri d’ingannare Dio e me. Ebbene, affinché tutti i frati sappiano e conoscano di essere obbligati a osservare la perfezione del santo Vangelo, voglio che al principio e alla fine della Regola sia scritto che i frati sono tenuti a osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo. E affinché siano inescusabili dinanzi a Dio, voglio con l’aiuto del Signore osservare sempre e realizzare nel mio comportamento l’ideale che Dio mi ha rivelato per la salvezza dell’anima mia e per il bene dei fratelli”. E questo è il commento del cronista a queste parole: “Davvero egli osservò il Vangelo alla lettera, dal tempo che cominciò ad avere dei fratelli fino al giorno della sua morte”. Questa fedeltà scrupolosa al Vangelo, sulla quale si è tanto discusso e che di fatto è stata attenuata, oggi potrebbe anche essere interpretata come eccessiva o quasi una sorta di fondamentalismo.
Nasceva invece dall’intima e profonda esperienza che Francesco aveva vissuto contemplando Gesù crocifisso a San Damiano. Fu davanti a quella immagine di estrema povertà e umiltà che il giovane Francesco meditò le parole di Gesù: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). Il Santo avvertì l’attrazione dell’amore, visse la scoperta di un amore che dà tutto, compresa la vita. Fu allora che Francesco sentì fortemente, con indicibile stupore, di essere amato e che decise di fare della sua vita una risposta a quell’amore. Essere come l’amato è l’esigenza di chi ama. L’amore di Francesco per la povertà nasce dalla imitazione di Gesù, che da ricco si fece povero per amore nostro. La somiglianza con il Cristo, spogliato di ogni dignità di fronte agli uomini, e per loro infinitamente ricco d’amore, fu l’ideale che Francesco cercò per tutta la vita e che raggiunse pienamente, tanto da ottenere il marchio dell’autenticità con il dono delle stigmate. Oggi è quasi inconcepibile la ricerca di una povertà integrale, la rinuncia anche al più piccolo genere di conforto materiale, ma la povertà che Francesco ci insegna a perseguire – pur invitando a uno stile sobrio di vita – è quella spirituale, capace di liberarci dalle zavorre dei falsi valori, che impediscono la percezione dell’amore di Dio e la coscienza dell’approdo glorioso che ci attende grazie al sacrificio di Gesù.