Dopo l’ampio, acceso dibattito, rimbalzato sulla stampa nazionale, sul caso del questionario proposto al liceo classico di Perugia per l’avvio di una formazione morale e capacità valutativa degli atti e comportamenti umani da parte dei giovani, sembra doveroso rilevare l’eccesso di reazioni nei contenuti e nei toni, che denotano un stato di incomprensione e di sordità da parte di un’organizzazione che ha fatto dell’ideologia gay una ragione di esistenza e di milizia culturale. Come ogni ideologia, mostra il proprio lato debole di chiusura a ragioni e prospettive diverse, assolutizzando le proprie affermazioni.
L’ideologia infatti serve per la lotta, non per la comprensione. La scuola non deve insegnare i metodi della lotta, ma i percorsi della comprensione; e per fare questo non può prescindere da una educazione alla valutazione morale dei comportamenti umani, sapendo ad esempio distinguere tra “legge positiva” e “legge naturale”. Nel caso ad esempio dell’aborto, si deve spiegare che, pur essendo lecitamente praticato alle condizioni poste dalla legge 194, non è moralmente lecito secondo l’universale principio etico presente in tutte le culture: “Non uccidere l’innocente”, che poi è divenuto “non uccidere” semplicemente, con tutte le coordinate presenti nella concreta casistica. Ciò non potrà tuttavia diventare causa di emarginazione della donna che ha abortito.
Recentemente Papa Francesco ha detto: “Chi sono io per giudicare un gay?…”. Ma lo stesso Papa non ha abolito il testo biblico: “Maschio e femmina li creò”. Nessuno potrà cancellare questo dato che, prima di essere religioso, è scritto nelle leggi della natura e nella esigenza di un’ecologia veramente umana.
Ha destato, pertanto, molto stupore la reazione suscitata in ambienti “Lgbt” perugini. E hanno suscitato altrettanto e maggiore stupore alcune dichiarazioni di esponenti della pubblica amministrazione che si permettono di avanzare sospetti e riserve in ambito didattico.
Su tutta la questione, pare più che sufficiente ciò che hanno dichiarato il professore vittima degli “strali gay” (preferisco usare questa parola perché più breve e comprensiva), il preside e soprattutto i ragazzi della III liceo.
Nessuno poteva pensare in buona fede che la “lista” di peccati del questionario non fosse altro che una provocazione intellettuale, “maieutica” (le famose domande di Socrate) per sviluppare un discorso. Pur riconoscendo che i metodi di insegnamento sono molteplici, si deve dare atto al professore che non è stato intimorito dall’unica parola che alcune associazioni vorrebbero cancellare dal vocabolario e dal dibattito culturale e che si vorrebbe magari “canonizzare” ed espellere dalla storia dei popoli.
Nessuno può mettere in dubbio o dissimulare la posizione cattolica, in base a cui i comportamenti omosessuali sono considerati peccaminosi. Ma questo dato oggettivo e normativo non giudica né la tendenza omosessuale né la persona, che rimane autonoma psicologicamente e moralmente in virtù della formazione della sua coscienza, all’interno della quale nessuno è autorizzato ad entrare.
L’omofobia pertanto in questa faccenda non c’entra. La si vada a cercare non nella scuola e nell’insegnamento cattolico, ma negli stadi, nelle caserme, nelle bettole e nelle discoteche, dove l’educazione, la formazione e la morale non stanno molto di casa.
Il “casus belli”
“Attribuisci un voto da 0 a 10, in ordine di gravità, alle principali colpe di cui ci si può macchiare” recitava il test che il professore di Religione del liceo classico “Mariotti” di Perugia, Massimo Liucci, aveva somministrato agli studenti. “Vogliamo denunciare con forza quanto accaduto – è stata la reazione dell’associazione Omphalos Arcigay Arcilesbica di Perugia. – Che in una scuola pubblica si propinino simili esercitazioni, con evidente impatto nella sfera psico-emotiva degli alunni, è veramente sbalorditivo… Ci aspettiamo una ferma censura da parte del Dirigente e un richiamo al Docente responsabile di questi metodi medievali”.
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