La 47a Settimana sociale: famiglia e/è speranza

Chiesa in Italia. È in corso a Torino la 47a Settimana sociale dei cattolici italiani

Settimana-SocialeQuattro giorni (12-15 settembre) per riscoprire le “strutture portanti” della famiglia. Un evento della Chiesa italiana che intende rivolgersi a tutti, superando “pregiudizi e ideologie”. Sono questi i tratti fondamentali della 47a Settimana Sociale dei cattolici italiani, dedicata a “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, in corso al teatro Regio di Torino.

Sono oltre 1.300 gli iscritti, di cui 938 laici. Tra i partecipanti si contano 165 rappresentanti di associazioni, movimenti e aggregazioni ecclesiali, 244 persone impegnate nella pastorale familiare, e circa 200 in quella sociale nelle rispettive diocesi, una novantina di vescovi.

“Ascolto, confronto e proposta” sono le coordinate dei lavori. Dapprima, ha chiarito mons. Domenico Pompili, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, “ascoltare la famiglia e le sue trasformazioni”; quindi “confrontare, cioè tentare una lettura che non sia sezionata in tasselli che non si incontrano, ma in grado di delineare il profilo della famiglia”; infine “proporre indicazioni operative sul piano sociale ed economico che si facciano carico della famiglia, poiché sarebbe indice di miopia sociale relegarla nella sfera del privato”.

Questa edizione delle Settimane sociali intende essere “un laboratorio per riflettere e condividere idee ed esperienze intorno alla realtà delle famiglie guardando al diversificato panorama religioso, culturale e sociale in cui ogni famiglia si colloca e vive i suoi valori e le sue scelte”, ha puntualizzato l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia. Ora, “le gravi difficoltà in cui ci troviamo”, ha aggiunto, sollecitano “una politica che riconosca la centralità della famiglia e dia risposte appropriate alle sue necessità sostenendo in particolare quelle più numerose”.

Questa Settimana sociale si ricollega strettamente alla precedente, che si svolse nel 2010 a Reggio Calabria. In entrambe la parola “speranza” presente fin dal titolo “esprime la voglia di guardare al futuro”, ha sottolineato il presidente del Comitato scientifico e organizzatore, mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari. “Nella precedente edizione – ha ricordato il segretario del Comitato, suor Alessandra Smerilli - la famiglia era stata presente trasversalmente negli ambiti dell’Agenda di speranza. Qui a Torino invece poniamo al centro il soggetto famiglia, e nelle assemblee tematiche andremo a esaminare i suoi nodi problematici”.

Siamo in presenza di “una questione sociale di rilievo generale”, ha rimarcato il vice presidente del Comitato, il sociologo ternano Luca Diotallevi.

L’importante è “superare ideologie e pregiudizi”, riconoscere che “la famiglia non è un ‘problema’ cattolico, ma una risorsa per tutti”, ha concluso mons. Miglio, evidenziando che riconoscerle un primato “non significa ignorare né calpestare diritti e doveri” altrui.

La famiglia non deve fare da “crocerossina”

Famiglia: “grande ammortizzatore sociale del Paese?”. Una brutta espressione, che risente della ‘trappola’ di quella che molti sociologi chiamano ormai “sussidiarietà alla rovescia”. In Italia ci vuole un “cambiamento di prospettiva”, a cominciare dal grande tema della conciliazione tra famiglia e lavoro, molto poco dibattuto nel nostro Paese, e che se correttamente declinato consentirebbe invece di “far passare la famiglia dalla colonna dei costi a quella degli investimenti”. A tracciare questo ‘ritratto di famiglia’ è Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari, secondo il quale la Settimana sociale di Torino rappresenta “un’occasione per mettere sotto i riflettori del dibattito pubblico la famiglia, ma non come il grande malato della società italiana. I dati socio-economici sono devastanti, molto peggiori di quanto questi indicatori di fragilità facciano pensare” a causa di un sistema del lavoro che le penalizza per esempio con il lavoro precario, e con “politiche sociali che non vedono le famiglie e non si adattano alla loro esigenze. Da noi, ad esempio, si parla troppo poco di conciliazione tra famiglia e lavoro, un tema che invece va rilanciato, perché l’intero Paese beneficerebbe di una flessibilità a misura di famiglia. La precarietà, non la flessibilità, è il vero nemico della famiglia” ha aggiunto Belletti. Ha quindi stigmatizzato la retorica sulla ‘centralità’ della famiglia nel prendersi cura, ad esempio, degli anziani non autosufficienti; ma in Italia, ha ribadito, “si verifica quello che molti sociologi definiscono solidarietà alla rovescia”, in base alla quale la nostra società estromette e espropria le famiglie, “facendole però intervenire quando il sistema pubblico non ce la fa più. La famiglia, insomma, come ‘crocerossina’ dello Stato”.

AUTORE: Francesco Rossi