Digiuno come sciopero della fame?

Il Papa ha invitato tutti i cristiani a una giornata di digiuno e preghiera contro la guerra in Siria. Ho sentito per radio una persona che commentava dicendo che il Papa ha proposto uno “sciopero della fame” alla maniera di Gandhi. Il tono era molto favorevole, e di questo si può essere contenti. Ma cascano le braccia nel vedere come la religione è talmente uscita dalla cultura delle masse che la gente non ne capisce più nemmeno il linguaggio, tanto meno lo spirito. Lo sciopero della fame (quando è serio) è una forma di protesta non-violenta ed è una sfida rivolta all’avversario: “Sappi che, se tu non cambi, io morirò di fame, e il mondo dirà che tu ne hai la colpa”. Qualche volta è successo davvero: così è stato per Bobby Sands, patriota irlandese morto in carcere in Inghilterra nel 1981 dopo una lunga agonia seguita giorno per giorno da tutti i giornali e le televisioni del mondo. Un po’ come quelli che si danno fuoco o minacciano di gettarsi dall’alto di un tetto. Il digiuno della tradizione religiosa ebraica e cristiana è tutt’altra cosa. È una forma di penitenza, di preghiera e di meditazione, quindi un dialogo con Dio più che con gli uomini. Privandosi dei beni materiali e della sazietà del corpo, il fedele si purifica interiormente, si dispone ad ascoltare meglio la voce di Dio, e nello stesso tempo offre a Dio il proprio sacrificio. Al digiuno si può accompagnare la carità: rinuncio a qualche cosa per darlo agli altri. Naturalmente i lettori di questo giornale sanno bene che cos’è il digiuno e non tocca a me spiegarglielo (se mai, ne sanno più di me): faccio questi accenni per dimostrare quanto diverso sia lo sciopero della fame e quanto tristemente grave sia l’incultura di chi confonde le due cose. E questo è solo un esempio. La Chiesa spesso non si rende conto della difficoltà di farsi capire, abituata ai secoli durante i quali la cultura popolare (anche degli analfabeti) era intrisa di immagini, parole, concetti e simboli religiosi, e anche chi non credeva parlava quella lingua. Ecco uno dei nodi che la Chiesa del XXI secolo deve sciogliere.

AUTORE: Pier Giorgio Lignani